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La Passione del Signore e la devozione al Sacro Cuore
Vero scopo di questa consacrazione è unirci a Gesù, e nulla ci unisce di più quanto l’amore.
E’ necessario che tale amore nasca dalla Passione di Gesù: “L’amore che non nasce dalla Passione è debole” (Sant’Alfonso).
Ma ci si sbaglia credendo di dover fare atti di amore a Gesù, quando la prima, principalissima cosa è considerare il suo amore per me: 1 Gv, 1, 10 In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Perciò dedichiamo tempo a contemplare il Suo amore per noi. Perché solo questo suscita in noi l’amore: il fatto di saperci amati.
Contempliamo dunque il Signore. Concretamente il suo volto prima di salire a Gerusalemme.
Gesù Cristo sapeva tutto quello che doveva succedere. Quello che nel AT si sapeva dalle profezie, Lui lo sapeva per la sua Divinità.
Sapeva che Lui, il Messia, doveva morire a Gerusalemme.
Mt 16:21-23 Da allora Gesù cominciò a dire chiaramente ai suoi discepoli che egli doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, sommi sacerdoti e scribi; inoltre che doveva essere messo a morte.
Non sapeva solo dove sarebbe la sua morte, ma sapeva anche come sarebbe. Leggiamo nelle profezie.
Is 53:5 Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui.
Is 53:3 Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.
Sapeva anche quello che profetizzava il Salmo 22:
Sal 22:6 Ma io sono un verme e non un uomo, l' infamia degli uomini, e il disprezzato dal popolo.
Cerchiamo di immaginare come sarebbe stato il momento prima di partire verso Gerusalemme, quando Cristo sapeva che al consegnarsi come vittima per i nostri peccati, li aspettava tutto questo. Gli Apostoli sapevano che cercavano Cristo a Gerusalemme. E loro erano i suoi discepoli, quindi anche per loro c’era una grande minaccia. Cosa avranno pensato quando il Signore gli disse di avviarsi?
La Sacra Scrittura ci racconta questo momento in maniera incredibile, facendoci capire quanto ama Cristo agli uomini:
Leggiamo nel Vangelo di San Marco:
(Mc 10,32) Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore.
Camminava davanti a loro: queste sono magari delle parole più belle del Vangelo. Cristo vuole dare la sua vita per noi. “Camminava davanti a loro” cioè, più veloce degli altri. Sapeva che dovrà soffrire la morte più crudele, ma camminava per primo, affrettandosi: vuole dare la sua vita per noi. Vuole diventare un verme per me…
Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto:
"Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà".
(Lc 22,14) Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui,
e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”.
Ardentemente desidera Cristo donarsi per i nostri peccati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15,13).
Perché Cristo vuole ardentemente la sua Passione? perché dirà anche il profeta Isaia: grazie alle sue ferite noi siamo stati guariti. Is 53,5).
San Giovanni, primo apostolo del Sacro Cuore
L’apostolo prediletto, san Giovanni Evangelista, è considerato il primo devoto del Sacro Cuore e quindi patrono di questa devozione. Infatti, avendo avuto la santa audacia di reclinare la testa sul petto del Redentore, durante l’ultima cena, egli fu il primo che poté ascoltare i palpiti del Cuore divino (Gv.,13,23). In un contesto in cui gli Apostoli non osavano a rivolgerle domande, nel gesto di reclinarsi sul petto di Gesù sono espressi
l’illimitata fiducia, l’abbandono filiale e la familiarità che l’Apostolo vergine aveva verso di Lui. Quando Gesù annuncia che sarà tradito Giovanni si avvicina a Lui per consolarlo, manifestandogli la sua adesione e il suo amore.
Con quel gesto, san Giovanni ricevette un torrente di grazie che gli permise di diventare l’ «aquila» del collegio apostolico, che volò più alto di tutti, trasmettendoci le verità più elevate sul Verbo Incarnato. Inoltre, ebbe il coraggio di accompagnarlo fino ai piedi della Croce ricevendo come ricomensa da Gesù stesso il ruolo di protettore della Madonna (Gv.,19,26-27).
Santa Gertrude ebbe una visione in cui rivolse a san Giovanni alcune domande al riguardo, chiedendogli perché, nel suo Vangelo e nelle sue Lettere, aveva fatto solo intravedere quei misteri amorosi che aveva ricevuto dal Sacro Cuore. San Giovanni le rispose: «Il mio ministero doveva limitarsi a rivelare, sul Verbo increato, eterno Figlio del Padre, alcune parole feconde, sulle quali l’intelligenza degli uomini meditasse continuamente, senza poter mai esaurirne le ricchezze. Ma agli ultimi tempi è riservata la grazia di udire l’eloquente voce delle pulsazioni del Cuore di Gesù. Nell’udire questa voce, l’invecchiato mondo ringiovanirà, si risveglierà dal suo torpore e il calore del divino amore lo infiammerà un’ultima volta”.
Nel medievo la devozione al Sacro Cuore diventa più esplicita e gloriosa
San Tommaso d’Aquino, principe della Scolastica, insegnò ad esempio: «Cristo versò il suo Sangue dalla piaga del Costato e da quella del Cuore, allo scopo di fortificare la vacillante fede dei suoi discepoli e di eccitare la pietà di molti altri che sono ingannati dalla tranquillità di una vita piacevole, riavvivando le anime fredde e indebolite».
Dall’epoca carolingia fino al XIII secolo, la devozione al Sacro Cuore fu caratterizzata da uno stile trionfale. Come il Redentore era spesso raffigurato in modo regale e luminoso, così anche gli aspetti della sua Umanità erano presentati con caratteristiche gloriose.
«Il Sacro Cuore, percepito dalle vergini di Helfta nelle loro ore di pia contemplazione, era un Sacro Cuore trionfante che attraeva irresistibilmente tutti i cuori. Esse lo contemplavano glorioso, vincitore, amante, teneramente amato, raggiante».
La devozione portava a l’unione del cuore di Cristo con il cuore dell’uomo: “Imparate da Me, che sono mite ed umile di cuore”. Gesù mostra il suo Cuore affinché il nostro sia come il suo, perciò la devozione popolare supplica insistentemente: Gesù, mite ed umile di cuore, fate il mio cuore simile al vostro”. Il Cuore di Cristo vuole regnare nel cuore dell’uomo. E’ questa la regalità di Gesù: “Il Regno di Dio è dentro di voi”. Vuole regnare nel cuore dei credenti. Quanti lo fanno regnare, lo vedono come Re sulla Croce e non possono tollerare che non sia considerato Re della società.
Il coronamento del culto pubblico al Sacro Cuore fu l’istituzione della festa liturgica di Cristo Re. Nel 1925, Pio XI stabilì che venisse celebrata l’ultima domenica di ottobre. In
questo giorno bisognava anche rinnovare la consacrazione del genere umano al Cuore di Gesù, fatta da Leone XIII. Pio XI precisava che la festa di Cristo Re era il coronamento
di un vasto movimento di pietà culminato nel XIX secolo: «Chi non vede che, fin dagli ultimi anni del secolo precedente, in modo ammirevole andava preparandosi il cammino
per l’istituzione di questa festa? Tutti sanno che l’autorità e la regalità di Cristo sono stati già riconosciuti dalla pia pratica delle consacrazioni e omaggi al Sacro Cuore di Gesù rivoltigli da innumerevoli famiglie, e non solo da famiglie, ma anche da Stati e Regni, che hanno compiuto lo stesso atto». Aggiungeva il Papa: «Il diluvio di mali sull’ universo proviene dal fatto che la maggior parte degli uomini ha respinto Gesù Cristo e la sua sacrosanta Legge, sia dalla vita privata che da quella pubblica. Non vi sarà certa speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni si ostineranno a negare e rifiutare l’imperio del Salvatore».
La promessa di vittoria
Le rivelazioni del Sacro Cuore culminarono in una entusiasmante
promessa di vittoria finale sui suoi avversari.
Margherita Maria si lamentava delle incomprensioni, delle
derisioni e degli ostacoli che subiva ogni volta che tentava di
diffondere la devozione, tanto che alcuni cercavano di farla passare
per visionaria o addirittura per indemoniata. Allora Gesù
la confortò con queste parole profetiche: «Non temere: io regnerò,
nonostante i miei nemici e tutti coloro che vorranno opporsi
». La santa commentò nella sua Autobiografia: «Questo
mi fu di gran consolazione, perché non desideravo altro che di
vederlo regnare. Affidai perciò a Lui stesso la difesa della sua
causa»33. In alcune sue lettere, la veggente ribadì la promessa
ricevuta: «Egli regnerà, nonostante i suoi nemici; Egli si renderà
signore e padrone dei cuori umani»; «Questo Cuore divino
regnerà, nonostante tutti coloro che vorranno opporglisi;
Satana finirà umiliato con tutti i suoi seguaci»
Le dodici promesse del Sacro Cuore
Dal messaggio di Paray-le-Monial derivano le cosiddette
«dodici promesse» del Sacro Cuore, che ci ricordano in modo
sintetico e facile le grazie legate a questa devozione. La lista,
tratta dalle rivelazioni del Redentore alla santa, è anonima. Si
sa solo che è degna di fede, poiché le promesse sono effettivamente
contenute nei testi della santa32. Comunque sia, essa ha
molto facilitato la diffusione della pia pratica.
Ecco la lista, alla quale aggiungiamo il riferimento ai testi
di santa Margherita Maria:
28
1. Ai devoti del mio Sacro Cuore, darò tutte le grazie e
gli aiuti necessari al loro stato (Lettera n. 141).
2. Stabilirò e manterrò la pace nelle loro famiglie (Lettera
n. 35).
3. Li consolerò in tutte le loro afflizioni (Lettera n. 141).
4. Sarò per loro sicuro rifugio in vita e soprattutto nell’ora
della morte (Lettera n. 141).
5. Spargerò abbondanti benedizioni su tutte le loro fatiche
e imprese (Lettera n. 141).
6. I peccatori troveranno nel mio Cuore una inesauribile
fonte di misericordia (Lettera n. 132).
7. Le anime tiepide diventeranno ferventi con la pratica
di questa devozione (Lettera n. 132).
8. Le anime ferventi saliranno rapidamente ad un’alta
perfezione (Lettera n. 132).
Comunione in 9 primi venerdì del mese
Lo scudo del Sacro Cuore
Scrisse Margherita Maria: «Gesù desidera che si facciano
fare degli scudi con l’immagine del Sacro Cuore, affinché tutti
coloro che vogliano rendergli onore lo pongano nelle loro case,
e se ne facciano altri più piccoli da portare addosso»72. La beata
Anna M. Remusat, continuatrice dell’ opera della santa, propagò
questa raffigurazione e la propose specialmente per scongiurare
la terribile epidemia di peste che si diffondeva a Marsiglia
nel 1720; l’epidemia effettivamente si placò e il successo consacrò
l’uso dello «scudo»73.
Nel 1870 Pio IX approvò definitivamente questa pia pratica,
precisando: «Benedico questo scudo e assicuro che tutti
quelli che verranno fatti in conformità a questo modello riceveranno
la stessa benedizione, senza bisogno che un sacerdote
la rinnovi».
Riparazione
La riparazione è un atto che intende ristabilire la gloria dovuta
a Dio, ripristinandone l’integrità offesa dalle colpe degli
uomini; è il risarcimento di un danno spirituale arrecato dall’ingratitudine
umana verso l’Amore divino76. In questo modo,
il fedele non fa che imitare Gesù Cristo, primo e principale
Riparatore: con la sua Incarnazione e Passione, infatti, Egli ha
offerto se stesso in riparazione del Peccato originale e dei peccati
attuali dell’ umanità, placando la sete di giustizia del Padre.
Oggi, il fedele è tenuto a unirsi alla riparazione offerta da Gesù
al Padre, ma deve anche riparare a sua volta le offese fatte a
Cristo stesso, trascurato e disprezzato dagli uomini che ha redento.
La riparazione può essere fatta con le intenzioni, con gli
affetti e con le opere. Siccome il peccato è un male che colpisce
anche l’umanità e la Chiesa, esso richiede una riparazione
a beneficio dell’una e dell’altra. Ecco perché l’Apostolo esorta
i fedeli a «completare nella propria carne quello che manca
ai patimenti di Cristo, in favore di quel suo Corpo che è la
Chiesa» (Col.,1,24).
che significa consacrazione?
La consacrazione è un atto che, offrendo una cosa a Dio
e destinandola al suo culto, la separa dal mondo profano dandole
una funzione e un valore che la sottrae agli usi comuni.
Si possono consacrare non solo cose, ma anche persone, famiglie,
istituzioni, popoli, l’umanità intera. Chi si consacra si fa
paladino dei diritti di Dio e, proprio per questo, si sente incitato
a intraprendere l’austera via della lotta e del sacrificio. La
consacrazione serve a riaffermare la divina sovranità sul creato,
riservando a Dio una parte eletta come «primizia» e ricordando
all’ uomo ch’egli deve finalizzare tutto a Dio e restaurare
tutto in Cristo79.
Consacrarsi al Sacro Cuore vuol dire quindi offrirsi totalmente
al Redentore, destinandosi al culto della sua Carità.
La prima consacrazione al Cuore di Gesù venne fatta dalla stessa
Margherita Maria e dalle novizie del suo convento, nel
1685
La consacrazione delle famiglie
La consacrazione delle nazioni al Sacro Cuore era difficile
da ottenere, a causa della opposizione fatta dalla politica laicista.
Varie associazioni cattoliche promossero allora la pratica
della consacrazione delle famiglie. Essendo la società
composta di famiglie, se queste si consacrano in gran numero
al Cuore divino, mediante esse la società stessa si affida al
Redentore. Se i capi di Stato rifiutavano la divina richiesta, i
capi di famiglia l’accoglievano82.
Verso la fine del secolo XIX, l’associazione Apostolato della
Preghiera propose un vasto movimento di riparazione mediante
la pubblica consacrazione delle famiglie al Sacro Cuore oltraggiato.
Nonostante l’opposizione del mondo culturale, della
stampa e perfino dei cattolici liberali, l’iniziativa ebbe grande
successo: in un solo anno oltre 2 milioni di famiglie si consacrarono,
delle quali mezzo milione in Francia e 400.000 in
Spagna. Il 15 ottobre 1890, l’associazione consegnò al convento
di Paray-le-Monial 35 volumi contenenti le consacrazioni,
firmate dai capi di famiglia.
Una pratica di pietà molto diffusa fra i fedeli era quella d’
«intronizzare» nelle famiglie una immagine del Sacro Cuore. Questa usanza derivava dalla promessa
fatta da Gesù stesso a santa Margherita Maria, quando
le disse: «Porterò la pace nelle famiglie; (...) benedirò i luoghi
nei quali l’immagine del mio Cuore verrà esposta e onorata».
Benedetto XV, in una lettera del 27 aprile 1915 al padre
Crawley-Boevey, afferma che la consacrazione delle famiglie
al sacro Cuore è una pratica quantomai necessaria al nostro
tempo: «I colpi del nemico mirano principalmente alla società
familiare. Poiché questa contiene, come in germe, i princìpi
della società civile, essi ben comprendono che quella trasformazione,
o meglio corruzione, della società politica deriverà
necessariamente dalla corruzione della società domestica, una
volta che ne avranno guastato i fondamenti»85. In un’altra lettera,
datata 16 gennaio 1919, inviata a nome di Benedetto XV
dal cardinale van Rossum al padre Kapteinm, s’insiste su questo
concetto: «Soprattutto riteniamo importante che non si faccia una superficiale consacrazione della famiglia al Sacro Cuore,
una festicciola domestica che forse verrà presto dimenticata; ma
desideriamo che Gesù venga veramente posto su un trono al
centro della vita familiare».
Vuole la nostra guarigione, e per essa ci volevano le sue piaghe.
2.- Secondo punto
Fulton Sheen: I carnefici si aspettavano che Gesù gridasse, perché così avevano fatto tutti quelli che prima di Lui erano stati inchiodati al patibolo della Croce. Ha scritto Seneca che quanti venivano crocifissi imprecavano contro il giorno ch’erano nati, contro i carnefici, contro la propria madre, e perfino sputavano su chiunque alzasse gli occhi a guardarli; e Cicerone ha riferito che, talvolta, a quelli cui s’infliggeva la crocifissione si era costretti a recider la lingua, per mettere fine alle loro orrende bestemmie. Ecco perché i carnefici si aspettavano, si, una parola, ma non come quella che udirono. (…) Tutti, dunque, si aspettavano un grido, ma nessuno, tranne i tre ai piedi della Croce, si aspettava il grido che poi udì. Come certi alberi fragranti che impregnano del proprio profumo la scure che si abbatte su di loro, il gran Cuore sull’Albero dell’Amore versò dal suo profondo qualcosa che più che un grido era una preghiera, la soave, dolce, umile preghiera del perdono e della remissione:
“Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno” (Lc 23,34)
S. Alfonso: Ma quel che più fa stupire è ch'egli ben poteva salvarci senza morire e senza patire; ma no, si elesse una vita afflitta e disprezzata, ed una morte amara ed ignominiosa, sino a morire su d'una croce, patiboloinfame destinato agli scellerati: Humiliavit semetipsum, factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Phil. II, 8). - Ma perché, potendo redimerci senza patire, volle eleggersi la morte e mortedi croce? Per dimostrarci l'amore che ci portava: Dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis (Eph. V 2). Ci amò e, perché ci amava, si diede in mano de' dolori, dell'ignominie e della morte più penosa che abbia patito alcun uomo sovra la terra.
La Santa Sindone
Il 25 maggio di 1898 cominciava a Torino, in occasione dell’esposizione di arte sacra, un’ostensione pubblica della Sindone che convocò durante quei otto gironi, quasi una migliaia di persone.
Il salesiano Natale Noguier, convinse al re Umberto I di fotografare la Sindone di Cristo. L’opera fu affidata a Secondo Pia. Incredibilmente il Pia scoprì che quella immagine sindonica, era proprio fatta in negativo. Il volto insieme al corpo, divengono molto più chiari. “Rinserrato nella mia camera oscura e assorto nel mio lavoro, provai un’emozione fortissima allorché durante lo sviluppo, vidi apparire per prima volta sulla lastra, il Santo Viso, con tale chiarezza che ne rimase stordito”.
La santa Sindone, dunque, è un miracolo per il nostro tempo. Quando Cristo lasciò la sua immagine in essa, pensava particolarmente nella nostra epoca, in cui soltanto sarebbe stato possibile comprovare questo.
Il dottore Robert Buckley, esperto nell’interpretazione medica della fotografia, spiega che la Santa Sindone “nel esame delle ferite, costituisce un caso di particolare importanza: Disponiamo delle orme fotografiche di ambi lati del corpo, che hanno dei segni delle ferite di diversi tipi, tanto chiare e dettagliate che è possibile fare un esame legale” (!)
Ives Delage. Medico di fama a livello internazionale. Dichiarato da sempre come ateo, e considerato un grande saggio allo stesso tempo, pensava che se il popolo si liberava dalla fede religiosa si produrrebbe un grande sviluppo scientifico, ed esisterebbe più tolleranza e benessere.
Studiò durante un anno e mezzo il negativo della Sindone a questo scopo, e finalmente il 2 aprile di 1902 poté fare una conferenza. Data la sua ascendenza, attirò l’attenzione di tantissime persone ed a questa conferenza assisterono numerosi atei e anti-religiosi che speravano sia finalmente smascherata la bugia del supposto miracolo della santa Sindone.
La sala era piena di gente. Delage cominciò a spiegare che quello che si vedeva nella sindone era una figura umana, che quel uomo era stato crocifisso, flagellato, incoronato di spine, inchiodato nelle mani e nei piedi e trafitto nel suo costato. Il sangue era reale, le ferite anche. La sala faceva un silenzio totale che venne finito quando Delage confessa:
“L’uomo della Sindone è Cristo”.
Cominciò un mormorio che fu crescendo pian piano, e al poco tempo la folla arrabbiata chiamandolo “traditore” voleva colpirlo. Delage dovete uscire dalla porta di dietro.
Ancora rimanendo non credente tempo dopo disse: “Si è fatto una questione religiosa di un tema che, di per se, e meramente scientifico, con il risultato di che le passione si sono ravvivate e la ragione è stata lasciata. Se si trattasse di Aquille, Sargon, o di uno dei Faraoni, nessuno troverebbe nulla da eccepire… Al parlare su questo tema sono stato fedele al vero spirito scientifico, cercando soltanto la verità, senza preoccuparmi il minimo se con esso potevo pregiudicare l’interessi di qualche ideologia… Io riconosco a Cristo come personaggio storico, e non vedo perché ci sia da spaventarsi cimentandosi con una traccia tangibile della sua esistenza…” (Revue Scientifique, 12/4/1902).
Impressione per radiazione.
Un’altra scoperta di Delage. Analizzando le orme della Sindone, le sue inspiegabili caratteristiche della formazione dell’immagine del corpo, portavano a pensare che quel cadavere è uscito per le sue proprie forze attraverso la tela, come levitando, senza lasciare ad esempio, più marcati o appiccicati (?) i glutei o le spalle che il ventre e il petto, incluso, senza affettare nemmeno le impronte della sangue che apparivano perfettamente definite. La verità di quella tela costituiva la orma materiale di una “risurrezione”.
Il flusso dovete uscire dal interiore del corpo risuscitante o di un fulgore che lo avvolgesse da tutti i lati.
Paul Claudel non esita a paragonarla a “una seconda Risurrezione. Più che un’immagine è una presenza”.
Conclusione: Una idea: La santa Sindone si rivela un miracolo per il nostro tempo, lasciato come frutto della sua Risurrezione: Mt 12,39-40 39 Ma egli rispose loro: «Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il segno del profeta Giona. 40 Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell' uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti. Questa generazione chiede un segno ma non li sarà dato un altro segno di quello di Giona.
Che l’immagine santissima del Signore nella sua sindone ci spinga a seguire Gesù nella sua sofferenza per seguirlo dopo anche nella sua vittoria.
Santa Sindone dimostra i dettagli dell’amore divino:
-
I chiodi
-
Corona di spine
-
Zigomi gonfi.
-
Il corpo intero senza pelle
-
Il naso rotto.
Colpisce forse più di tutto questo come Gesù vuole essere da me contemplato. Vuole che io veda la sua faccia perché vuole farmi sapere quanto mi ama.
3.- Terzo punto – Conclusione ed esortazione
Veramente Egli è, come dice Isaia: uomo di dolore, familiare con la sofferenza (Is 53,3).
Tremi la creatura davanti al supplizio del suo Creatore, san Bernardo.