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27° CATECHESI

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L'icarnazione del Verbo

            Discorso di
San Giovanni Paolo II

L'incarnazione del Verbo​

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Vogliamo offrire come testo-guida per queste settimane alcune parti del nostro Direttorio del Terzo Ordine. Sebbene questa consacrazione non riguardi esclusivamente i terziari della nostra Famiglia Religiosa, il testo si può facilmente estendere ad ogni battezzato. 

 

 

PARTE III 
SPIRITUALITÀ

 


Capitolo 1: Il Mistero del Verbo 
Introduzione 


16. La nostra religione “è una dottrina, ma soprattutto è un avvenimento: l’avvenimento dell’Incarnazione, Gesù, Uomo-Dio che ha ricapitolato in sé l’Universo (cfr. Ef 21,10)”. “È impossibile trovare qualcosa di simile al mistero della Santissima Trinità e dell’Incarnazione”. 

17. Quindi, dall’evento dell’Incarnazione redentrice vogliamo prendere luce e forza sempre nuova, poiché Gesù Cristo è la sorgente inesauribile dell’Essere, della Verità, della Bontà, della Bellezza, della Vita e dell’Amore.

 

Articolo 1: Supremazia di Gesù Cristo 

18. Confessiamo la supremazia di Cristo, anche come uomo, su tutta la creazione. Supremazia che Cristo possiede sulle anime e sui corpi dei membri del suo Corpo mistico ed anche, su tutti gli uomini di tutti i tempi – Egli è il Capo di tutti – inclusi i non predestinati, che smetteranno di essere membri del Corpo di Cristo, solo quando usciranno da questo mondo. 

Il Figlio è “l’arte del Padre”. 

19. Confessiamo che Cristo è il Capo della Chiesa e di tutti gli uomini, e che soprattutto ha una triplice supremazia: di ordine, di perfezione e di potere. Ha la priorità di ordine, perché, per la sua prossimità con Dio, la sua grazia è la più elevata e la prima – anche se non temporaneamente – perché tutti coloro che ricevono la grazia la ricevono in rapporto alla sua :“Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29)”. Ha la priorità di perfezione, perché possiede la pienezza di tutte le grazie: “E noi vedemmo [...] pieno di grazia e di verità (Gv 1,14)” . Ha la priorità nel potere, giacché ha tutto il potere di comunicare la grazia e la gloria a tutti i membri del suo Corpo: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia (Gv 1,16). 

20”. Per questo le eresie di tutti i tempi hanno e avranno un comune denominatore: diminuire la dignità di Gesù Cristo. Indicava San Leone Magno: “Quasi nessun (eretico) è stato ingannato senza aver abbandonato la credenza nella verità delle due nature associate all’unica persona di Cristo”, e San Tommaso insegna che “quando si considerano nel loro insieme gli errori degli eretici è manifesto che il loro fine principale è quello di diminuire la dignità di Cristo”. Infine, “non esiste un altro mistero all’infuori di Cristo”. È per questo che San Filippo Neri insegna che “chi vuole un’altra cosa che non sia Cristo, non sa ciò che vuole. Chi chiede un’altra cosa che non sia Cristo, non sa ciò che chiede. Chi agisce, e non per Cristo, non sa ciò che fa”. 

Articolo 2: Amore al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo 

21. La contemplazione del mistero dell’Incarnazione alimenta l’amore alla Trinità Santissima: Padre, Figlio e Spirito Santo, che ha realizzato l’Incarnazione e ci infiamma di un amore ardente per il Verbo che “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”. E del Verbo , nella sua preesistenza, la sua venuta nel mondo: vita terrena opere e insegnamenti e la sua uscita dal mondo: vita mistica e seconda venuta. 

Articolo 3: Preesistenza del Verbo 

22. a) Persona eterna. La persona del Verbo esiste da tutta l’eternità: “In principio era il Verbo [...] Egli era in principio presso Dio (Gv 1,1-2)”. Nel confessare l’esistenza del Verbo prima della Santissima Vergine e prima della creazione del mondo, vogliamo basare la nostra spiritualità sull’assoluto di Dio davanti al quale tutto è come un nulla . Per noi deve essere sempre fondamentale l’esortazione di San Cipriano di “non anteporre nulla a Cristo”, convinti che “Dio ama Cristo più di tutto” e la convinzione di Santa Teresa: “Solo Dio basta”. Vogliamo in tutto e per tutto dare la supremazia allo spirito e donarci nel santo abbandono alla volontà di beneplacito di Dio, giacché, come risposta alla rivelazione di Dio, “l’uomo deve abbandonarsi interamente a Dio”. 

23. b) Persona distinta. “E il Verbo era presso Dio (Gv 1,1)” . Il Verbo è la “Parola che procede dal silenzio”. La distinzione personale del Verbo dal Padre e lo Spirito Santo , ci spinge affinché tutta la nostra vita porti un’impronta trinitaria, che è il più grande mistero di Dio, è la pienezza dell’uomo ed è “la sostanza del Nuovo Testamento”, in cui gli uomini per mezzo del Figlio fatto uomo hanno accesso nello Spirito Santo al Padre e diventano partecipi della natura divina (2Pt 1,4). Deve essere un onore confessare “la distinzione delle persone, l’unità della loro natura e l’uguaglianza nella maestà”. 

24. c) Persona divina. “E il Verbo era Dio (Gv 1,1)” . Riconosciamo in Lui la pienezza della divinità e tutti gli attributi dell’essere e dell’operare divino, e che “tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste (Gv 1,3)” . In modo particolare vogliamo vedere in Lui noi stessi e ogni uomo, vederci creati “a immagine e somiglianza di Dio” e, inoltre, “per Lui e davanti a Lui comprendere che l’uomo è unico e irripetibile; è qualcuno eternamente ideato ed eternamente scelto; qualcuno chiamato e denominato per il suo proprio nome”. 
 
Capitolo 2: Il mistero del Verbo Incarnato 
Articolo 1: La sua prima venuta 

 
25. “E il Verbo si fece carne (Gv 1,14)”. L’opera dell’Incarnazione è comune alle tre divine persone, ma si attribuisce allo Spirito Santo perché: a) la causa è il grande amore di Dio : ”Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito (Gv 3, 16)”. b) La natura umana non fu assunta per merito proprio, ma solo per la grazia che si attribuisce allo Spirito Santo: “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito (1 Cor 12,4)”. c) Perché Gesù Cristo è il solo Santo e Figlio di Dio: “Colui che nascerà sarà dunque santo, e chiamato Figlio di Dio (Lc 1,35)”; e “perché in Lui siamo resi figli di Dio: E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! (Gal 4,6) “ e “siamo santificati poiché è lo Spirito di santificazione (Rm 1,4)”. 

26. Basati sul mistero dell’Incarnazione, operato dallo Spirito Santo nella Vergine Maria, dobbiamo cantare sempre le misericordie di Dio perché “per l’Incarnazione del Verbo diventa credibile l’immortalità della felicità”, dobbiamo avere una netta coscienza che senza Gesù Cristo non possiamo fare niente, e dobbiamo propendere, con tutte le nostre forze, ad andare sempre avanti nella virtù. 

27. È per questo che dobbiamo agire sempre mossi dallo Spirito Santo con somma docilità. Per cui bisogna avere tre cose: 

28. a) Attenzione alle ispirazioni dello Spirito Santo come la Vergine , dalla quale , per la sua abituale attenzione alle mozioni dello Spirito, si è potuto presentare l’Angelo Gabriele con il messaggio divino; per questo bisogna lavorare contro l’abituale dissipazione, la mancanza di mortificazione e gli affetti disordinati. 

29. b) Discernimento degli spiriti per accettare ed assecondare le mozioni dello Spirito Santo e respingere quelle del cattivo spirito, essendo molto prudenti ,ad esempio della Vergine che si domandava “che senso avesse un tale saluto (Lc 1,29)”. 

30. c) Docilità e prontezza nell’esecuzione di quanto chiede lo Spirito Santo, come la Vergine, che si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda (Lc 1,39), perché “i calcoli lenti sono estranei alla grazia dello Spirito Santo”, lavorando sempre contro la tentazione della dilazione, contro il timore del sacrificio , della donazione totale e contro la tentazione di recuperare ciò che abbiamo dato, cercando compensi o facendo “nido” in cose che non sono Dio. 

31. Il sintonizzare con lo Spirito Santo ci deve muovere a vivere le beatitudini evangeliche, a lasciarci condurre dall’azione dei doni dello Spirito e ad essere fecondi nel produrre i suoi frutti: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sè (Gal 5,22)”. 

32. Inoltre dobbiamo considerare il “sì” della Santissima Vergine: “Avvenga di me quello che hai detto (Lc 1,38)” . Il consenso della Madre di Dio ci mostra che non fu “un mero strumento passivo, ma una collaboratrice alla salvezza umana per la libera fede e l’obbedienza”. E neanche noi dobbiamo essere degli strumenti passivi. 

33. La Vergine diede il suo “sì” in qualità di serva: “Eccomi, sono la serva del Signore (Lc 1,38) “ e “Dio ha guardato l’umiltà della sua serva (Lc 1,48) “ e quindi “il Verbo prese la condizione di servo divenendo simile agli uomini (Fil 2,7) “ nel suo seno purissimo; per questo la nostra spiritualità vuol essere segnata da un risalto specialmente mariano. In modo speciale i membri del Terzo Ordine Secolare , aspirano a professare un quarto voto di schiavitù mariana, secondo lo spirito di San Luigi Maria Grignon di Monfort. Dei voti approfondiremo circa la nostra spiritualità mariana. 

a. La divinità di Gesù 

34. Da sempre è stata centrale nella fede cattolica la confessione di San Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente (Mt 16,16) “ e deve essere centrale anche nella nostra spiritualità. “Siamo stati salvati, solo se Gesù Cristo condivide nella sua persona la piena vita divina” ha insegnato Giovanni Paolo II e, in un’altra opportunità ha detto che nel confessare che Gesù è il Signore (Rm 10,9) “lasciamo tutto ciò che pretende di elevarsi come assoluto e distruggiamo gli idoli del denaro, del potere, del sesso, quelli che si nascondono nelle ideologie, religioni laiche’ con ambizione totalitaria”. 

35. Lui è la “Via” per andare al Padre e nessuno va al Padre se non per Lui. Ha l’unico nome nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati (At 4,12). È colui che rende la Chiesa un “sacramento, cioè segno e strumento dell’unione intima con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. È Lui che sostiene tutti i dogmi della Chiesa, perché è “la verità che include tutte le altre”. È Lui che ci presenta la supremazia e il peso dell’eternità su ogni realtà temporale. 

36. Il confessare la divinità di Gesù Cristo ci deve muovere, inoltre, alla pratica delle virtù della trascendenza: fede, speranza, carità e da queste, all’urgenza della preghiera e della contemplazione incessante, e a prendere coscienza della necessità delle purificazioni attive e passive del senso e dello spirito. 

37. Contemplando che il Verbo Incarnato è “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”, vogliamo lasciar da parte ogni posizione di puro umanesimo (umanesimo senza trascendenza) che finisce per annientare l’uomo ed ogni falso kenotismo (annullamento) che con la scusa di andare all’inferiore si svuota del superiore, per esempio, per “essere nel mondo” si appianano allo spirito del mondo svuotandosi e si dimenticano che i cristiani sono nel mondo, ma non sono del mondo (Gv 17,16). Perché “Se Dio mancasse completamente all’uomo, l’uomo smetterebbe di esistere. La gloria di Dio è che l’uomo viva, ma la verità dell’uomo è vedere Dio”. 
 
b. L’umanità di Gesù
 
38. San Giovanni Battista annunciò Gesù: “Dopo di me viene un uomo (Gv 1,30)”, San Pietro lo negò davanti ad una serva: “Non conosco quell’uomo (Mt 26,72)” e Pilato lo presentò alla turba: “Ecce homo (Gv 19,5)” . Confessiamo che Gesù non solo è Dio, ma che è anche vero uomo, come lo fece il centurione: “Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio (Mc 15,39)”. 

39. Il farsi uomo è “il mistero primo e fondamentale di Gesù Cristo” e “Dio non è mai stato così vicino all’uomo – e l’uomo non è mai stato così vicino a Dio – appunto come in quel momento: nell’istante del mistero dell’Incarnazione”. 
40. Il Verbo, che mostra non solo il Padre, ma anche l’essere e l’operare di ogni creatura, in modo particolare di ogni uomo o donna, “manifesta pienamente l’uomo all’uomo stesso e scopre la sublimità della sua vocazione”, a tal punto che “il mistero dell’uomo si schiarisce nel mistero del Verbo Incarnato” . 

41. Da questo deriva radicalmente uno degli elementi principali della nostra spiritualità, secondo cui nulla di quanto è autenticamente umano ci è estraneo. Lavorando quindi per prolungare l’Incarnazione ad ogni realtà, “nessuna attività umana rimane estranea al Vangelo”, specificatamente l’evangelizzazione della cultura. 

42. Per noi Cristo si identifica misteriosamente con ogni uomo, ed ogni uomo e tutti gli uomini si possono capire solo in Cristo Gesù, sapendo che “fu necessario per il genere umano che Dio si facesse uomo per dimostrare al genere umano la dignità della natura umana”. Lui stesso dirà nel giorno del giudizio: “Perchè io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare (Mt 25,35)” . I poveri sono Cristo: “rappresentano il ruolo del Figlio di Dio”; i pellegrini sono Cristo: “riceveteli come lo stesso Cristo”; i bambini sono Cristo: “E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me (Mt 18,5)” ; in ogni uomo c’è “Gesù nascosto nel fondo della sua anima”. Per questo diceva Sant’Agostino: “in Lui siamo cristi e Cristo”. 

43. Se è vero che ogni cristiano dovrebbe passare per la terra a imitazione del Dio incarnato, quanto più noi dovremmo vivere questa realtà come religiosi della famiglia “del Verbo Incarnato”. E non solo vivere la vita di Cristo cercando Dio in tutto, ma diffondendo la vita di Cristo negli altri e informando con essa la cultura degli uomini per elevare l’uomo: “se l’uomo si sente inclinato ad unirsi alle cose inferiori a Dio, prendendole come un fine, è perché ignora la dignità della propria natura”. 

44. Questa realtà, misteriosa e gioiosa, di essere “altri Cristi” (centrale nella nostra spiritualità) porta San Paolo ad inventare delle parole per esprimerla: conmortui (2 Tim 2,11), consepulti (Rm 6,14), conresuscitati (Ef 2,6), convivificati (Ef 2,5), complantati (Rm 6,5), convivemus (2 Tm 2,11), consedere (Ef 2,6) ...fino ad esclamare: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20). Dice splendidamente la Beata Elisabetta della Trinità che dobbiamo essere “come una nuova incarnazione del Verbo”, “come un’altra umanità sua”, in modo che il Padre non veda in noi altro “che il Figlio amato”. 

45. In fondo, già siamo Cristo per il Battesimo, ma è nostro dovere esserlo in pienezza, morendo e vivendo, come dice San Paolo: “Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù (Rm 6,11) “ e come dice San Pietro: “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia (1Pt 2,24)” . 

46. Morendo:  
- Al peccato e alle opere della carne, poiché in Cristo abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia (Ef 1,7), ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri (Gal 5,24); 
- Alla pena del peccato, cioè al mondo cattivo: ho vinto il mondo (Gv 16,33), perché prima eravamo come schiavi degli elementi del mondo (Gal 4,3) e all’inferno, perché: nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi [...] sotto terra (Fil 2,10); 
- Al timore della morte, poiché il Figlio di Dio si è incarnato per liberare così quelli che per timore della morte erano tenuti in schiavitù per tutta la vita (Eb 2,15); 
- Al potere del demonio: Ora il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo (1 Gv 3,8); 
- Alla schiavitù della legge antica: ci ha riscattati dalla maledizione della legge (Gal 3,13). 

 
47. Vivendo: 
- La vita della grazia in pienezza, poiché Cristo è venuto nella carne per portarci la vita e la vita in abbondanza. Questa vita è la grazia di Dio che ci rende partecipi della natura divina (2 Pt 1,4). È la vita soprannaturale delle virtù teologali, delle (virtù) morali infuse e dei doni dello Spirito Santo. 
- La vita profetica, per cui partecipiamo alla “funzione profetica di Cristo”, testimoniando la fede e la carità, offrendo a Dio il sacrificio di lode, insegnando nel tempo e fuori dal tempo la Parola, nella predicazione, nella docenza, scrivendo o investigando, nell’evangelizzazione o nella catechesi, ecc. 
- La vita sacerdotale, tanto del sacerdozio comune derivato dal battesimo, quanto di quello ministeriale o gerarchico (essenziale e non gradualmente distinto). 

48. – La vita di signoria, che connota un certo dominio: 
a) Signoria su stessi: nella misura in cui l’uomo trionfa sul peccato, domina gli incentivi della carne e governa la sua anima e il suo corpo. Il terziario, nella misura in cui sottomette perfettamente la sua anima a Dio, arriva ad una situazione di indifferenza e distacco dalle cose del mondo, che non vuol dire impotenza, ma, al contrario, volontà dominatrice e libera capace di dedicarsi alle cose senza lasciarsi dominare da esse. 

49. b) Signoria sugli uomini: nella misura in cui il terziario si dona generosamente al servizio di Gesù Cristo, l’unico Re che merita di essere servito, acquisisce una regalità effettiva, anche se spirituale, sugli uomini, persino su coloro che hanno il potere e l’autorità e su coloro che ne abusano. Perché prendono su di sé il carico dei loro peccati e delle loro pene, per un amore umile e servizievole che porta fino al l 
sacrificio di se stessi. 

50. c) Signoria sul mondo:
in due modi: 
- Primo, collaborando con il mondo della creazione mediante il lavoro e il mondo della redenzione mediante l’apostolato. Affinché questa regalità sia effettiva , sarà necessario che nel dedicarsi alle cose, ci sia nello stesso tempo, un disinteresse e un distacco dalle stesse: “Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli cha hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero affatto: perché passa la scena di questo mondo! (1 Cor 7,29ss). 
- Secondo, rifiutando il mondo, sia per lealtà al mondo stesso che deve essere considerato un mezzo e non un fine, sia per lealtà a Dio, resistendo alle concupiscenze, tentazioni e peccati del mondo; essendo indipendenti dalle massime, burle e persecuzioni del mondo, dipendendo solo dalla nostra retta coscienza illuminata dalla fede; disposti al martirio per lealtà a Dio, che costituisce quindi il rifiuto pieno e totale del mondo cattivo. 
 
51. La grazia più grande che Dio può concedere alla nostra minuscola famiglia religiosa è la persecuzione: “Viva sempre Gesù Cristo che ci dà la forza per sopportare tutte le prove per suo amore. Le opere di Dio sono state sempre combattute per il maggior splendore della divina magnificenza”, specialmente quella che porta al martirio. Ricordando sempre che la persecuzione per essere beata deve riunire, imprescindibilmente, due requisiti: che siamo “ingiuriati a causa di Cristo” e che sia “falso quanto si dice contro di noi”, stando molto attenti a non ritornare sui nostri mali, a non compiacerci di essi, a non cadere nella “credenza luciferina che siamo qualcosa di grande”, che stiamo soffrendo molto. Il nostro orgoglio ci porta a “considerare come bighe i fili d’erba, come piaghe le punture, come elefanti i topi”. 

52. d) Signoria sul demonio: Abbiamo bisogno di terziari convinti non solo che per grazia di Dio hanno il potere di resistere al demonio, ma anche di poter esorcizzarlo. 

53. – “Vivendo da risorti: cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra (Col 3,1)” ; nella libertà dei figli di Dio che non si schiavizzano: 
• né sotto gli elementi del mondo (Gal 4,3); 
• né sotto la lettera che uccide; 
• né sotto lo spirito del mondo; 
perché non dobbiamo essere soggetti al giogo della schiavitù [...] (perché altrimenti) Cristo non ci gioverebbe a nulla. 

54. Dobbiamo essere così docili allo Spirito da poter dire: “La mia gloria è vivere libero come un passero nel cielo , non facendo il nido in questo suolo...”, non dovendo nulla alla carne poiché tutti i mortali sono come l’erba e ogni loro splendore è come fiore d’erba (1 Pt 1,24), se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito (Gal 5,25), giacché quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito (Gv 3,6). 

55. Questo significa avere lo spirito da principe, orientando l’anima a grandi imprese [...] preoccupandosi delle cose grandi [...] realizzando delle grandi opere in ogni virtù. Si tratta di essere nobile. E che vuol dire essere nobile?…Innanzitutto è qualcosa che si sente e non si dice. Gli uomini nobili sono uomini di cuore, che hanno qualcosa per sé e per gli altri. Nati per comandare, sono capaci di castigarsi e di castigare. Sono uomini che hanno dato uno stile alla propria condotta, che non chiedono libertà ma gerarchia, che si mettono delle leggi e le compiono… Sono coloro che sentono l’onore della vita. Coloro che possedendosi possono darsi, che sanno ad ogni istante le cose per cui si deve morire. Capaci di dare cose che nessuno obbliga e di astenersi da cose che nessuno proibisce. Sono coloro che si considerano sempre principianti: consideriamoci sempre principianti, senza smettere mai di aspirare ad una vita più santa e più perfetta, senza fermarci mai. 

56. In modo da essere fermamente decisi a raggiungere la santità. Un terziario che non sia disposto a passare per la seconda e la terza conversione, o che non faccia nulla di concreto per giungervi, anche se è con noi con il corpo, non appartiene alla nostra famiglia spirituale. Dobbiamo avere “una grande e determinata determinazione di non fermarci fino ad arrivare ad essa (la santità),succeda quel che succeda, a costo di qualsiasi sacrificio. Mormori chi volesse mormorare, si arrivi alla meta o si muoia nel cammino , non si abbia cuore per i lavori che ci sono, cada il mondo, ma ....avanti!” Ciò che conta è fare un passo, un passo in più, e sempre con lo stesso passo ricominciare. 

57. Per il battesimo, per la pratica delle virtù e per la professione religiosa, “che radica intimamente nella consacrazione del battesimo e la esprime in maggior pienezza”, vogliamo imitare più da vicino e rappresentare perpetuamente nella Chiesa , quella forma di vita che il Figlio di Dio ha scelto quando si è incarnato. 

58. Vogliamo imitare il più perfettamente possibile Gesù Cristo che ci insegna: Vi ho dato infatti l’esempio (Gv 13,15) e San Paolo esorta: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (Fil 2,5), in modo da essere il profumo di Cristo (2Cor 2,15), ambasciatori per Cristo (2Cor 5,20) ...del mistero del Vangelo (Ef 6,19), lettera di Cristo (2 Cor 3,3), rivestiti di Cristo (Gal 3,27), fermamente convinti che siamo stati predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio (Rm 8,29), riproducendolo, divenendo simili a Lui, configurandoci a Lui, sapendo che riflettiamo la stessa immagine (2 Cor 3,18) del Figlio Unico di Dio. Vogliamo imitarlo fino al punto di poter dire veramente agli altri, “Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo (1 Cor 11,1)”, e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20). 

59. Il fatto che il Verbo abbia assunto una natura umana, ci deve muovere alla pratica delle virtù dell’annientamento: umiltà, povertà, dolore, obbedienza, rinuncia di se stessi, misericordia e amore verso tutti gli uomini. 

60. Dallo stesso evento di essersi fatto uomo senza smettere di essere Dio, dobbiamo imparare a stare nel mondo, “senza essere del mondo”. Dobbiamo andare nel mondo per convertirlo e non mimetizzarci con esso. Dobbiamo andare nella cultura e nelle culture dell’uomo non per convertirci ad esse, ma per curarle ed elevarle con la forza del Vangelo, facendo analogamente, ciò che fece Cristo: “Soppresse ciò che era diabolico, assunse ciò che era umano e gli comunicò ciò che era divino”. 

61. Come Cristo che si è fatto simile a noi in tutto fuorché il peccato (Eb 4,15). Sono inammissibili per noi il peccato, l’errore e tutti i loro derivati. Prima di battezzare bisogna esorcizzare; senza la conversione è impossibile la riconciliazione; senza rinunciare al male non esiste la redenzione. Non ci può essere l’unità a costo della verità. Non c’è santità senza la purezza dell’anima: “santità, vuol dire purezza”. 

62. Si può assumere solo ciò che ha dignità o necessità. Non si può assumere ciò che è inumano, né anti-umano, né infra-umano. È inammissibile ciò che è irrazionale e assurdo. 

63. Ma, nulla di quanto è autenticamente umano deve essere rifiutato, poiché Cristo assunse una natura umana integra. Dobbiamo assumere tutto ciò che è umano perché “ciò che non venne preso, neanche venne redento”, e ciò che è umano e non assunto “diventa un idolo nuovo con malizia vecchia”. 

64. E questo assumere ciò che è umano, non deve essere solo apparente, ma reale. Questa assunzione è reale solo quando trasforma veramente ciò che è umano in Cristo, elevandolo, rendendolo degno, perfezionandolo. Quello che si lascia solo al livello umano, è stato assunto solo apparentemente. 

65. Più particolarmente, vale quanto è stato detto per l’evangelizzazione della cultura, che esige da noi una spiritualità con delle sfumature peculiari: “richiede un nuovo modo di avvicinarsi alle culture, attitudini e comportamenti per dialogare con profondità con gli ambienti culturali e rendere fecondo il loro incontro con il messaggio di Cristo. E da parte dei cristiani responsabili, quest’opera esige una fede schiarita dalla riflessione continua che si confronta con le sorgenti del messaggio della Chiesa e un discernimento spirituale costante procurato nella preghiera”, senza mai dimenticare che “la vera inculturazione è dal di dentro: consiste, in definitiva, nel rinnovamento della vita sotto l’influenza della grazia”. 

 

CONSACRAZIONE DEL MONDO A CRISTO 

152. b) Il carattere battesimale dà la facoltà ad ogni battezzato, di offrire il sacrificio eucaristico. Questa grandiosa ed impressionante prerogativa la dobbiamo insegnare perennemente a tutti i membri dei nostri Istituti che non sono sacerdoti ministeriali. I battezzati partecipano all’oblazione della Vittima dell’altare al Padre – senza realizzare essi il rito liturgico – in due modi: nel primo, offrono il sacrificio per mezzo del sacerdote visibile, giacché questi offre in nome di tutti i membri agendo nella persona di Cristo come capo e pastore; e nel secondo, insieme al sacerdote visibile, unendo i propri voti di lode, di impetrazione e di espiazione. 

153. c) Il carattere della Confermazione ci dà la facoltà di confessare con valore e fortezza la fede di Cristo come un dovere e ci dà la grazia confortante o corroborante, per difendere la fede dai suoi avversari con maggior facilità. 

154. d) Il carattere dell’Ordine Sacro configura con Cristo capo, dando il potere al sacerdote ministeriale sul Corpo fisico di Cristo e sul Corpo mistico. Gli permette di agire “in persona Christi”, essendo il suo atto principale l’immolazione e l’oblazione del sacrificio della Messa e benedire, presiedere, predicare, battezzare, confessare, ecc. 

La consacrazione del mondo 

155. Partecipi dell’ufficio sacerdotale di Gesù Cristo, i terziari devono cercare la consecratio mundi- la consacrazione del mondo- renderlo sacro, in rapporto con Dio e con il culto divino, accertandosi che le strutture terrene , di ordine puramente umano e naturale in cui si sviluppa la vita dei secolari che vivono nel mondo, si realizzino conformemente al volere di Dio. “I laici sono chiamati e destinati ad onorare Dio nell’uso delle cose temporali e nella cooperazione al progresso temporale della società [...] lontani dalla fuga dal mondo sono chiamati a lavorare per santificarlo”. 

156. Non dobbiamo mai dimenticare che “corrisponde ai laici, per la propria vocazione, cercare di ottenere il regno di Dio , gestendo e ordinando secondo la sua volontà gli affari temporali , vivendo nel secolo, cioè, in tutti i doveri e le occupazioni del mondo, nelle condizioni ordinarie della vita familiare e sociale con cui è intrecciata la loro esistenza”. Qui entra la famiglia, il lavoro professionale, gli affari, le amicizie, la politica, i divertimenti onesti, ecc. Tutto questo deve consacrare il terziario del Verbo Incarnato, unendolo a Dio, giacché “sono chiamati da Dio affinché, svolgendo la loro professione guidati dallo spirito evangelico , contribuiscano alla santificazione del mondo dal di dentro, come un fermento. E così rendano manifesto Cristo davanti agli altri”. 

157. Questa è la missione propria e peculiare del Terzo Ordine dell’Istituto del Verbo Incarnato, sanare e rilegare con Dio tutte le strutture umane che costituiscono la trama della vita secolare nel mondo “consacrandole”, cristianizzandole, cristofinalizzandole, affinché si compia la formula di San Paolo : Tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio (1 Cor 3,23). 

 

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