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La presenza spirituale di Cristo in noi
Scrive san Giovanni d’Avila: “il giorno dell’Incarnazione dev’essere chiamato giorno delle Misericordie di Dio… Se lo chiamiamo giorno della medicina del mondo, lo è; se vuoi chiamarlo giorno della redenzione dei prigionieri, lo è; se lo chiamiamo giorno di nozze, lo è. Infine se c’è qualcuno che abbia sperimentato ciò che è la misericordia, ci spieghi che giorno è questo che oggi celebriamo, e ci aiuti a capire quanto sia grande la grazia che oggi riceve il mondo, e la introduca nei nostri cuori, affinché possiamo capirla anche noi”.
Dice “giorno di nozze”… infatti l’unione del Verbo di Dio con la natura umana, unisce indissolubilmente il cielo e la terra, la grazia e la natura, la fede e la scienza. Ma fondamentalmente unisce indissolubilmente ognuno di noi con Dio. Unisce ognuno di noi con Cristo. Siamo uniti a Lui perché Lui ci ha uniti a Sé diventando uomo. Nelle parole del santo d’Avila: “[Oggi] scende Dio fino ad arrivare all’uomo, e sale l’uomo fino ad arrivare a Dio”.
In definitiva, oggi celebriamo che Dio si è fatto uomo, e ciò significa che celebriamo anche il fatto che noi siamo stati elevati a Lui.
Questa identificazione che Dio ha realizzato con noi, è una delle verità più importanti da ribadire in questa Solennità. Il nostro Direttorio di Spiritualità ne parlerà con delle espressioni notevoli trattando appunto dell’Incanrazione:
[28] Per noi Cristo si identifica misteriosamente con ogni uomo e ogni uomo e tutti gli uomini solo possono comprendersi in Cristo Gesù, sapendo che “fu necessario al genere umano che Dio si facesse uomo per dimostrare al genere umano la dignità della natura umana” (S. Tommaso d’Aquino).
[28] in ogni uomo si trova “Gesù nascosto nel fondo della sua anima”44. Per questo diceva Sant’Agostino: “in Lui siamo cristi e Cristo”45.
[29] ogni cristiano deve vivere sulla terra imitando il Dio incarnato… E non solo vivere noi la vita di Cristo cercando in tutto Dio, ma anche diffondere la vita di Cristo negli altri e informare con essa le culture degli uomini per elevare l’uomo: giacché “l’uomo viene condotto a riporre il proprio fine in cose inferiori a Dio dalla ignoranza della propria dignità” (CGentiles).
Questo viene sottolineato ancora più esplicitamente:
[30] Questa realtà, misteriosa e gioiosa, di essere “altri Cristi” (centrale nella nostra spiritualità) porta San Paolo a inventare parole per esprimerla: conmortui (2 Tim 2,11), consepulti (Rm 6,14), conresuscitati (Ef 2,6), convivificati (Ef 2,5), complantati (Rm 6,5), convivemus (2 Tim 2,11), consedere (Ef 2,6) ...fino a esclamare: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20).
Non sempre meditiamo su questa presenza di Cristo in noi. Lui è presente. E nella misura in cui io contemplo questa sua presenza permetto a Lui di agire in me affinché operi il vero e unico obiettivo della nostra consacrazione: identificarci completamente con Lui fino a poter dire con la Beata Isabella della Trinità di essere “come una nuova incarnazione del Verbo”, “come un’altra umanità sua”, in modo che il Padre non veda in noi “altro che il Figlio amato” [29].
Vorrei riflettere in quale maniera diciamo che Cristo è presente in noi. E’ questo il nostro punto di partenza. Non è il punto di partenza il fatto che noi vogliamo essere un'altra umanità del Verbo, ma che Lui ha voluto unirsi a noi assumendo una natura umana perfetta. Ci sono tante domande:
Cristo è presente in me realmente? Ciò che è in me e una “immagine” sua? E’ presente solo la sua Divinità, o anche la sua umanità? E’ Lui che scende a me o io che salgo a Lui?
Vediamo per quanto sia possibile rispondere a queste domande in una predica, come lo spiega San Giovanni Newman in una predica memorabile intitolata: “la presenza spirituale di Cristo nella Chiesa”, insieme al nostro Direttorio di spiritualità.
Gv 16,16-17 [16] Ancora un poco e non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete”. [17] Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: "Che cos'è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po’ ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?".
Cristo spiegò spesso agli Apostoli che Lui se ne sarebbe andato: Verranno poi dei giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno (Mt 9,15). Ma poi assicura Io vi vedrò di nuovo, e ne gioirà il vostro cuore (Gv 16,22). Prima infatti aveva detto E’ bene per voi che io me ne vada (Gv 16,7) e poi: Non vi lascerò orfani; tornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà, ma voi mi vedrete.
In questi brani “il ritorno di Cristo al Padre è fonte di tristezza perché comporta la sua assenza… e sorgente di gioia perché implica la sua presenza”. Ma ciò che desta meraviglia è che questo è il nostro stato presente.
Abbiamo perduto Cristo e l’abbiamo trovato; non lo vediamo e tuttavia lo scorgiamo.
Abbiamo perduto la percezione sensibile e consapevole di lui; non possiamo guardarlo né ascoltarlo, non possiamo conversare con Lui né seguirlo di luogo in luogo; ma noi gioiamo di una visione spirituale, immateriale, interiore e reale visione di Lui; un possesso più reale e presente di quello che gli apostoli ebbero nei giorni della sua carne, proprio perché esso è spirituale e invisibile (Newman, p. 190).
Spesso capita che un oggetto, essendo troppo vicino a noi, impedisce a noi di guardarlo. Cristo è talmente vicino che è in noi. In ognuno di noi c’è realmente Cristo. Ribadiamo: “[28] Per noi Cristo si identifica misteriosamente con ogni uomo e ogni uomo e tutti gli uomini solo possono comprendersi in Cristo Gesù”.
Ma è assente e allo stesso tempo presente. Assente sensibilmente… questo per noi è motivo di tristezza… quando non riusciamo a “sentire” che in realtà è presente. Ma lo è. E’ presente spiritualmente e questo è motivo di gioia per chi dedica tempo a contemplarlo, a “vederlo” in Lui e in ogni anima.
Gli apostoli lo vedevano, sentivano… ma noi lo possediamo. Possiamo rallegrarci più di loro:
Voi lo amate pur senza averlo visto; e ora senza vederlo, ma credendo in lui, esultate di una gioia indicibile e gloriosa, conseguendo il fine della vostra fede: la salvezza delle anime (1Pt 1, 8-9).
Cerchiamo però ancora di dire qualcosa su questo dono ineffabile e glorioso della presenza di Cristo, invisibile ai sensi, appresa per fede.
Le Parole con le quali Cristo annuncia questo modo di presenza dopo la sua morte è davvero solenne e merita di essere ancora ricordato:
[22] Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà
[28] Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre".
E’ difficile da spiegare che Lui se ne va da questo mondo per essere con il Padre, ma allo stesso tempo per venire al cuore di ognuno di noi: Voi mi vedrete, perché io vivo e voi pure vivrete. In quel giorno saprete che io sono nel Padre, e voi in me e io in voi.
Diciamo anzitutto che Cristo è in noi, qualunque ne sia il modo: Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo (Mt 28,20), Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt 18,20), Non vi lascerò orfani; ritornerò a voi (Gv 14,18). La promessa di Cristo è incontestabile. Lui è realmente in noi. Proprio Lui, non un’ombra di Lui. Anche se questo per noi sia un mistero e dei misteri possiamo dire poche cose. Cristo è in noi: Lui intero. Pur essendo alla destra del Padre le Sue Parole non ci danno il diritto di dubitare al riguardo.
Possiamo però riflettere e chiederci. Come è presente? Solo come Dio? Risponde Newman:
Il Cristo è uomo e Dio. Disse che se ne sarebbe andato; ma se ne andò come uomo o come Dio? Ancora un poco e non mi vedrete: questo accadde alla sua morte. Se ne andò come uomo, morì come uomo; quindi se ha promesso di tornare, certamente voleva dire che sarebbe tornato come uomo, cioè nell’unica maniera in cui sarebbe potuto tornare. Come Dio è sempre presente, e non poté mai non essere presente, né mai andò via…
La separazione dell’anima e del corpo non poteva toccare la sua impassibile eterna divinità. Quando perciò il Signore dice che sarebbe andato via, e poi sarebbe tornato e sarebbe rimasto con noi per sempre, parla non della sua divina onnipresente natura, ma della sua natura umana. Essendo il Cristo, afferma che lui, il mediatore incarnato, sarebbe stato per sempre con la sua Chiesa.
Ma Egli non disse forse che quando se ne sarebbe andato invierebbe il suo “Spirito”? Allora si potrebbe concludere: Non è più Lui, la Persona che unisce la natura Divina e umana, ma solo lo Spirito che è in noi.
Nessuno di noi mette in dubbio che ha inviato lo Spirito. Ma per supplire all’assenza di Cristo? O per compiere la sua presenza?
Non possiamo neppure per un momento supporre che lo Spirito Santo venga in maniera che il Figlio rimanga lontano. No, egli non viene in modo che Cristo rimanga assente, ma piuttosto egli viene perché Cristo possa venire; per mezzo dello Spirito abbiamo la comunione con il Padre e con il Figlio. Nel Cristo, dice San Paolo, siete edificati insieme per essere abitazione di Dio mediante lo Spirito. Voi siete tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi. E ancora: Affinché, potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore, il Cristo abiti per la fede in voi.
Lo Spirito Santo quindi accondiscende a venire a noi affinché per suo mezzo possa venire a noi Cristo, non secondo la carne o visibilmente, ma possa entrare in noi. Perciò egli è nello stesso tempo assente e presente; assente in quanto ha lasciato la terra; presente perché non ha abbandonato l’anima fedele; e come egli stesso ha affermato: il mondo non mi vedrà più, voi invece mi vedrete.
2. Viene dal Cielo? O noi andiamo lassù?
San Paolo in estasi… il corpo quaggiù, ma lui fu rapito in cielo.
Non entrò egli, dopo la risurrezione, in una stanza con le porte chiuse e tuttavia permise di essere toccato per provare che non era uno spirito? Certamente quindi benché sia rivestito della nostra natura e sia un uomo perfetto, tuttavia il suo corpo glorificato non è soggetto alle stesse leggi alle quali soggiacciono i nostri corpi mortali.
3. Viene proprio Cristo. I santi che hanno visto Gesù… hanno visto proprio Lui o una apparizione di Lui?
Non sono io libero? Non sono io apostolo? Non ho io veduto Gesù, nostro Signore? (1Cor 9,1).
Per ultimo apparve anche a me, che sono come un aborto (1 Cor 15,8)
Iddio lo ha risuscitato il terzo giorno, e volle che si manifestasse non a tutto il popolo, ma ai testimoni che Dio aveva scelto, cioè a noi (At 10, 40-41).
4. Obiezione: Ma a me non si è manifestato. Dunque non è presente in me.
Anzitutto nella Sacra Scrittura ci si parla con molta chiarezza che è possibile una inconsapevole comunione con Cristo.
Nei quaranta giorni dopo la Risurrezione “Cristo inizio con la sua Chiesa quella relazione che perdura tuttora, e probabilmente intendeva manifestarci, attraverso di essa, qual è la sua presenza ora”.
“Egli andava e veniva a sua piacere… e quando era presente non necessariamente i discepoli lo riconobbero”
Ai discepoli di Emmaus apparve sotto altro aspetto… Comunque il loro cuore ardeva… “essi ricevevano delle impressioni, ma non potevano rendersi conto che le ricevevano; più tardi, tuttavia, si accorsero di ciò che era accaduto”. Gesù prima fu visto ma poi riconosciuto. Solo in forza della fede si è coscienti della sua presenza, egli non p riconosciuto alla vista. Quando aprì i loro occhi immediatamente sparì. “Scomparve dalla vista per essere presente nel Sacramento”. Solo per unire la sua presenza visibile con quella sacramentale, per un istante si manifestò ai loro occhi. Ma il sacramento è dove Lui ormai sappiamo.
A Maria Maddalena, che l’aveva riconosciuto, li disse di non toccarlo. Così voleva dimostrare che la sua presenza nel nuovo regno non era una presenza sensibile.
Conclusione:
Cristo ha promesso di essere con noi sino alla fine; di essere con noi non solo come è nell’unità del Padre e dello Spirito Santo, non solo nell’onnipresenza della natura divina, ma personalmente, come il Cristo, come Dio e uomo; presente non in un determinato luogo e in modo sensibile, ma tuttavia realmente, nei nostri cuori e alla nostra fede. E questa sublime comunione viene effettuata per mezzo dello Spirito Santo. Noi non sappiamo come egli la realizzi né in che cosa precisamente consista. Non lo vediamo, ma dobbiamo credere di possederlo veramente e di essere sotto la potenza della sua mano salvatrice, del suo respiro vivificante, della manna che fluisce dalle sue labbra e del sangue che scaturisce dal suo costato.
Prima che arrivi la fine, i cristiani, ripensando agli anni passati, sentiranno, almeno in piccola misura, che Cristo è stato con loro, sebbene essi allora non ne fossero consapevoli, ma vi credettero solamente. Ricorderanno anche l’ardore dei loro cuori…
Che egli ci renda capaci di fare piena esperienza della sua bontà e di ottenere la piena misura delle sue benedizioni.