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2° CATECHESI

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Conosciamo Dio?

 

Lo scopo e fine della nostra vita è glorificare Dio e salvare l’anima. Parliamo del primo: cosa significa “glorificare” Dio? Ma ancora più in profondità… chi è “Dio”? Come è?

 

La domanda non sempre risulta evidente. Sai chi è Dio? Hai di Lui una nozione ben precisa? O forse deformata dai tempi attuali? Abbiamo di Lui una fiducia illimitata? Immaginiamo una persona che dubita se Dio lo ascolta quando prega… questo “suo” Dio… è lo stesso Dio che conosciamo noi?

 

Spieghiamoci meglio considerando il contesto attuale. In passato gli atei si definivano tali piuttosto per problemi di ordine esistenziale: un dolore, un beneficio, un male, una debolezza… soltanto nei tempi moderni invece si parlerà di un ateismo che avrebbe fondamenti non esistenziali ma razionali… un ateismo considerato segno di progresso.

 

Moltitudini sempre più numerose si staccano praticamente dalla religione. A differenza dei tempi passati, negare Dio o la religione o farne praticamente a meno, non è più un fatto insolito e individuale.

Oggi infatti non raramente un tale comportamento viene presentato come esigenza del progresso scientifico o di un nuovo tipo di umanesimo.

Tutto questo in molti paesi non si manifesta solo a livello filosofico, ma invade in misura notevolissima il campo delle lettere, delle arti, dell'interpretazione delle scienze umane e della storia, anzi la stessa legislazione: di qui il disorientamento di molti[1].

 

Questo “nuovo ateismo” si presenta positivo, consiste in un impegno per eliminare Dio per esaltare l’uomo. “Ecco io vi insegno il Super-Uomo” diceva il filosofo Nietzsche, sottolineando che la prima considerazione da farsi è quella che l’uomo ha la grandezza di aver “ucciso Dio”. Così, in epoca moderna, iniziavano a sentirsi per prima volta farsi del tipo “tutti gli uomini che ragionano sono atei” diceva E. Hemingway. “Le verità della religione non sono mai capite così bene come da quelli che hanno perso la capacita di ragionare” scriveva Voltaire. “Se Dio esiste, come posso tollerare di non essere io questo dio?” si chiedeva Nietzsche con delle parole che non erano pensabili tempo fa, ma che oggi sono diventati ormai “cultura”…

 

Il metropolita ucraino Joseph Slipyj, dopo essere uscito dai campi di concentramento nei quali aveva trascorso più di 20 anni, non trovava diverso l’ambiente ateo che c’era in quei posti disumani, da quello della società “libera” moderna… Diceva che il mezzo per superare le difficoltà in mezzo alle torture dei lager è lo stesso che devono usare i cristiani per non perdere la Fede.

 

Vi può accadere facilmente, oggi, di trovarvi in ambienti completamente ateistici, nei quali la stragrande maggioranza delle persone, almeno esteriormente, combatte l’esistenza di Dio, nega ogni religione, vi insulta chiamandovi ingannati e ingannatori, fannulloni, aborti sociali, nemici del popolo. Se una persona non ha acquistato una solida formazione teologica, può facilmente perdere la testa e lasciarsi trascinare dalla corrente ateistica… Quando uno viene insultato, calunniato, trattato come un ladro e un malfattore, quando gli si sputa addosso, lo si percuote e lo si deride, quando soffre la fame e il freddo, vestito soltanto di stracci, con le scarpe rotte e lo stomaco vuoto, senza potersi lavare per settimane, abbandonato da tutti… ebbene, se ha ferma persuasione dell’esistenza di Dio, di Gesù Cristo, se ha devozione e fiducia nella divina Provvidenza, saprà sopportare tranquillamente tutto questo[2].

 

Tutta questa atmosfera confonde anche agli stessi credenti. Perciò non basta credere in Dio. Bisogna inoltre avere “devozione e fiducia nella Divina Provvidenza”. Diciamo subito che non è soltanto ateo che nega Dio… ma anche chi lo afferma ma non pensa che sia Provvidente, Personale…

 

Nell nostro tempo esiste un ateismo che consiste nell’affermare un dio che non è Dio. Se ne parla di Lui ma con termini e caratteristiche sì strane a Lui, che non si può parlare di una vera affermazione di Dio. Questo ateismo afferma Dio, lo trova dappertutto… ma nega che sia un essere Personale, che mi conosce, che mi vede… è forse più pericoloso dell’ateismo di chi nega la sua esistenza, perché più sottile, più “nascosto”, e pertanto più capace di confondere. Il grande filosofo e sacerdote Cornelio Fabro lo chiamava “antiteismo”:

 

Nell’ateismo rientrano… anche tutte quelle filosofie e religioni che si fanno di Dio un concetto contrastante l’esigenza della sua Natura: il Flint ha preferito parlare qui di “antiteismo” invece di ateismo. Ma queste concezioni, con l’illusione di una accettazione della divinità, allontanano in un certo senso ancor più dell’ateismo dalla conoscenza del vero Dio[3].

 

 

“Dio è lo stato” “Dio è il mio nonno” “Dio è la natura”… sono tutti modi di parlare di Dio, ma alla fine si tratta di un vero e proprio ateismo. Il grande pericolo per noi credenti è quello di confonderci e pensare un dio che non è il vero Dio.

 

Crediamo che la prima cosa da sistemare non solo è l’idea di Dio, ma anche il suo rapporto con me. Un Dio che non mi considera singolarmente, che ha un rapporto con me “personale”… non è Dio. “Un Dio che non s’interessa di noi, è un Dio che non ci interessa” dice P. Fabro.

 

  1. Ricostruire l’immagine di Dio nella mia anima

 

Conoscerai sicuramente bene il puzzle. E’ un gioco di pazienza che consiste nel far combaciare minuscoli frammenti di cartone stampato fino a ricostruire l'intera immagine originaria. In modo analogo dobbiamo fare così con la nostra idea di Dio. E perché noi siamo creature sue, fatte a sua immagine e somiglianza, in rapporto alla idea che abbiamo di Dio, così sarà l’idea che ho di me stesso e degli altri uomini...

 

1. Quali mezzi abbiamo per conoscere Dio?

            (a) Possiamo conoscere Dio attraverso le creature. Sap 13, 5: difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’Autore”; Rom 1, 19-20: quel che si può conoscere di Dio... le sue invisibili perfezioni, possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità.

            Questa conoscenza di Dio con la sola luce della ragione è possibile, ma data la nostra condizione, limitate, debole, oscurata dal peccato... si può compiere solo con grande fatica, con mescola di errori e dopo un lungo tempo.

 

            (b) Attraverso i suoi santi. Sono opera delle sue mani. “I santi non sono santi per quello che hanno fatto, ma per quanto hanno permesso a Dio di fare in loro”. Così come la creazione ci permette di conoscerLo, molto di più la sua opera in un anima. In questo senso Maria ci rivela anche Lei il volto del Padre. Papa Giovanni Paolo I diceva che Dio è Padre… ma anche Madre… “E' papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore”. San Luigi Maria scrive:

 

Ogni volta che tu pensi a Maria, Maria pensa per te a Dio. Ogni volta che tu dai lode e onore a Maria, Maria con te loda e onora Dio. Maria è tutta relativa a Dio, e io la chiamerei benissimo l'essere relazionale a Dio, che non esiste se non in relazione a Dio, o l'eco di Dio, che non dice e non ripete se non Dio. Se tu dici Maria, ella ripete Dio[4].

 

            (c) Il Vangelo. Gesù ci rivela il volto del Padre. Dio ha provveduto e ci ha rivelato ciò che Lui è, specialmente in Cristo. Infatti Cristo conosceva perfettamente il volto del Padre Suo, Mt 11, 25-27: Tutto mi è stato dato dal Padre mio: nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo. Cristo ha voluto farci partecipi della sua conoscenza del Padre, perciò nel Vangelo troviamo descritte le sue perfezioni: Buono, Provvidente...

 

In questa conoscenza di Dio dobbiamo però ammettere anche i nostri limiti. Lui è al disopra di tutti i nostri pensieri. Necessariamente dobbiamo rimanere nel mistero. Se facciamo fatica a studiare la matematica, e non esiste una persona capace di conoscerla interamente, quanta più fatica conoscere l’Autore della matematica! Le nostre menti non possono contenere la sua grandezza. Is 55, 8: i miei pensieri non sono i vostri pensieri e le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo si eleva sopra la terra, così sono elevate le mie vie sopra le vostre vie e i miei pensieri sopra i vostri pensieri.

           

2. Il puzzle del Vangelo.

            Nel Vangelo dobbiamo trovare l’immagine autentica del Dio rivelato da Gesù Cristo, perciò dobbiamo far combaciare i minuscoli frammenti che il nostro Signore ci ha insegnato con le sue parole.

 

            (a) Dio è Spirito.  Così lo insegna alla samaritana. Gv 4, 24: Dio è Spirito, e coloro che lo adorano, devono adorarlo in Spirito e verità. Commenta San Tommaso: “Dio è spirito... in tanto perciò Dio ci ama, in quanto siamo simili a lui. Ora, noi non siamo a lui simili per le doti del corpo, perché egli è incorporeo, bensì per le doti dello spirito, perché Dio è spirito. Di qui l'esortazione paolina (Ef 4, 23): Rinnovatevi nello spirito della vostra mente. - Con l'espressione, Dio è spirito, si afferma l'incorporeità di Dio, ché lo spirito non ha carne né ossa (Lc 24, 39). Inoltre se ne afferma la vitalità, poiché tutta la nostra vita è da Dio come da causa efficiente. In più Dio è verità, secondo le parole evangeliche (infra, Gv 14, 6): Io sono la via, la verità e la vita». Perciò egli va adorato in spirito e verità”.

 

            (b) Unico. Dio stesso si è rivelato al popolo d’Israele come l’Unico, quando disse: Ascolta, Israele, il Signore è uno solo (Dt 6, 4), non ce n’è altro (Is 45, 22). Gesù stesso l’ha confermato: Dio è l’unico Signore (Mc 12, 29).

 

            (c) Padre. Mt 6, 9: Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli. “Dio è Padre in ragione della speciale creazione, perché ci creò a sua immagine e somiglianza, invece non impresse nelle creature inferiori: Tuo Padre è Lui che ti ha creato e formato (Dt 32, 6); “in ragione del governo, benché governi tutte le cose, a noi ci governa come figli, mentre alle altre creature come servi: Tutto è governato Padre dalla tua provvidenza (Sap 14, 3), Tu ci tratti con grande rispetto (12, 18)”; “in ragione della adozione: perché le altre creature li diede cose minuscole, invece a noi l’eredità, e questo perché siamo figli, e se figli anche eredi (Rom 7, 15)” (Aquino, In Pater, 1).

 

III. Problemi per capire la sua paternità:

            a) cattiva esperienza: di paternità... di figliolanza... dalla quale partiamo per considerarlo Padre.

            b) problemi dell’ateismo ambientale: “Ateo è ovviamente chiunque nega, non solo esplicitamente l’esistenza di Dio, ma anche i suoi attributi fondamentali che lo distinguono dal mondo della natura e dei valori umani, la sua libertà, onnipotenza, spiritualità, causalità e indipendenza assoluta” (Fabro C., La preghiera nel pensiero moderno, Segni 2015, p. 13, nota 18).

           

Un vero figlio...

 

            I. Non possiamo ripagare adeguatamente Dio per i suoi benefici: creazione dell’anima, partecipazione alla sua stessa vita, invito a godere della sua stessa eredità… e infine tutti i beni… insomma da Lui riceviamo l’essere, il nutrimento, la protezione e guida… Ma dobbiamo ripagarlo…

 

            “Dobbiamo allora considerare i doveri che ci derivano da questa sua paternità. Sono quattro:

            1º) Anzitutto gli dobbiamo onore. Dice Dio per bocca di Malachia: dove è l’onore che mi aspetta? (Mal 1, 6). Avremo occasione di parlare di questo nella prossima lezione.

 

            2°) Dobbiamo imitarlo perché è il nostro Padre: voi mi dite ‘Padre mio’, e non tralascerete di seguirmi (Ger 3, 19). Possiamo imitarlo in tre modi:

                        a) Nell’amore: fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e dato sè stesso por noi (Ef 5, 1), e questo [amore] bisogna che sia nel cuore.

                        b) Nella misericordia. Infatti l’amore [dilectio] deve essere con misericordia: siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro (Lc 6, 36).

                        c) Nella perfezione, perché l’amore e la misericordia devono essere perfetti : siate perfetti come è perfetto i Padre vostro celeste (Mt 5, 48). E’ un modo per dirci che dobbiamo cercare la perfezione Sua, anche se sarà impossibile diventare perfetti quanto Lui lo sia.

 

            3°) Dobbiamo obbedienza: del resto noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne, e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita? (Eb 12, 9). Obbedienza dovuta per diversi motivi, ma specialmente per l’esempio che il suo vero Figlio ci ha dato di obbedienza al Padre fino alla norte como si dice in Flp 2, 8.

                       

            4°) Dobbiamo essere pazienti nelle sue correzioni [castighi]: figlio mio, non disprezzare l’istruzione del Signore, e non avere a noia la sua esortazione, perché il Signore corregge chi ama, come un padre i figlio prediletto (Pvr 3, 11-12)” (Aquino, In PN, 1029-1032).

 

            (d) Buono. Al giovane che lo chiamava Maestro buono, Mt 19, 17: Gesù gli rispose: “Perché m'interroghi intorno a ciò che è buono? Uno solo è il buono. Ma se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”; Mc 10, 18: Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio”; Lc 18, 19.

 

            (e) Vede nel segreto. Gesù ci ha insegnato che il digiuno, l’aiuto al prossimo, la preghiera, si devono fare in segreto, perché sia noto: a solo il Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto te ne darà la ricompensa (Mt 6, 18). “E il Padre tuo che vede nel segreto, cioè che distingue le intenzioni, Eb 4, 12 e 1Sam 16, 7: L'uomo vede le apparenze, ma il Signore guarda il cuore... nel segreto, cioè che vede il cuore” (Aquino, In Mt c. 6, lz. 1).

 

            (f) Misericordioso. Gesù ha dipinto la misericordia del suo Padre nella parabola del figlio prodigo, cfr. Lc 15, 11... il Padre vede, corre, abbraccia, bacia il figlio che ritorna... e prima che concluda la sua confessione le ridona la sua dignità di figlio: sandali, anello... e fa una festa...

 

            (g) Giusto. Mt 25 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno... “Questi talenti sono i diversi doni delle grazie: come infatti si dice talento il peso del metallo, così la grazia è un peso che inclina la stessa anima; per cui l'amore è il peso dell'anima. L'Apostolo in 1Cor 12, 4: Ci sono diversi carismi; perciò questi doni si dividono così che non vengono dati ugualmente a tutti; Ef 4,7: A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo... Pone poi l'uguaglianza, per garantire l'equità del giudizio, dicendo: Poiché sei stato fedele sul poco, ti costituirò su molto. Questo poco sono tutte le realtà di questa vita, poiché sono quasi nulla in confronto con quelle celesti. Per cui vuole dire: Poiché sei stato fedele in ragione dei beni della vita presente, ti costituirò su molto, cioè ti darò i beni spirituali, che sono al di sopra di questi beni... Segue la grandezza del premio: Entra nella gioia del tuo padrone” (Aquino, In Mt c. 25).

 

            (h) Provvidente. Mt 6, 32-34: Non preoccupatevi dunque dicendo: che cosa mangeremo, o che cosa berremo, o con che cosa ci copriremo? Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani: il Padre vostro infatti sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate dunque innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, poiché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ogni giorno la sua pena.

 

Domande:

            - Mi rendo conto che devo crescere nell’idea che ho di Dio?

            - Mi lascio guidare da Gesù, dal suo Vangelo, per conoscere il vero volto del Padre?

            - Capisco che la idea che ho di Dio influisce in tutta la mia vita?

            - Che devo fare per correggere, acquisire, accrescere... la mia idea di Dio?  

 

Bibliografia utile: Fuentes M., Meditazioni su Dio Padre, Virtus 14.

 

III. Domande:

            Onoro Dio con le mie labbra? Lodo Dio con il mio cuore? Onoro Dio nella purezza del mio corpo? Onoro Dio essendo giusto ed eqcuo con il mio fratello?

            Imito il mio Padre nell’amore? Imito il mio Padre nella misericordia? Cerco di essere perfetto imitatore del suo amore e misericordia?

            Riconosco Dio come Padrone delle mie cose e di me stesso? Obbedisco Dio come il suo vero Figlio fino alla morte?

            Sono paziente con le sue “correzioni” di Padre.

 

Abbandono nella Divina Provvidenza

In qualche modo la nostra vera idea riguardo la Paternità Divina consiste nel mio atteggiamento in quello che si chiama “spiritualità Provvidenziale”. Nella nostra Congregazione, un elemento non negoziabile, è la visione provvidenziale di tutta la nostra vita. Anche nelle croci, nei fallimenti, nelle malattie… in ogni cosa è possibile riposare sulla convinzione che perfino i capelli della nostra testa sono contati e di che tutto coopera per quelli che amano Dio.

 

Aggiungiamo una riflessione di P. Rivera e J M Iraburu nel loro libro Sintesi di spiritualità cattolica.

Il mistero della provvidenza deve essere contemplato in tutta la sua maestosa grandezza, in tutta la sua affascinante bellezza. Certamente, contemplare non è comprendere. Dio dà ha coloro che sinceramente lo cercano luce sufficiente affinché intravedano la Sua volontà; ma non sempre svela in forma chiara i disegni della sua provvidenza. È vero che alcuni uomini, eletti da Dio per certe missioni nel mondo, ricevono da lui luci speciali per capire l’epoca, o alcuni aspetti di essa, e affinché percepiscano certi piani concreti della provvidenza. Ci sono altri che compiono nel mondo missioni importanti da parte di Dio con fedeltà senza comprendere consapevolmente i piani divini.
In ogni caso, generalmente si può dire che quanto più spirituale e santo è un cristiano, con più facilità coglie la provvidenza di Dio sul suo tempo, sulle persone e le opere.

Tuttavia non conviene che il cristiano pretenda conoscere i disegni della provvidenza con una esigente curiosità, cercando di eludere quel progresso sicuro di colui che cammina nella pura fede. Infatti dice San Giovanni della Croce che l’uomo “per arrivare a Dio deve avanzare non capendo piuttosto che volendo capire” (2 Salita 8,5; +Fiamma 3,48).

Il cristiano carnale vuole “comprendere” a Dio, vuole dominarlo -conoscere è in certo modo dominare-, cioè, vuole “essere come Dio” (Gn 3,5). Perciò non comprendendo il mistero della provvidenza, potrebbe negarlo (“Dio non interviene per niente nel mondo”), oppure si astiene dal contemplarlo. Gli disturba che le sue domande non ricevano una risposta comprensibile (per esempio quando nel Vangelo chiedono a Gesù: “sono pochi coloro che si salvano?”, Lc 13, 23; “È adesso il momento nel quale ristabilirai il regno di Israele?”, At 1,6). Il cristiano spirituale, al contrario, non nega la provvidenza di Dio, né lo relega in uno sdegnoso oblio, sennò che umilmente la contempla giorno per giorno, dilatando così il suo cuore nell’adorazione dell’Ineffabile.

La spiritualità della provvidenza ci porta a vedere l’amore di Dio in tutto ciò che accade. Non capiamo nulla di ciò che accade se non vediamo in esso l’amore di Dio in azione. Capiremo le nostre vite, quella dei nostri fratelli, lo sviluppo della storia, se vediamo l’amore di Dio come la direzione costante di quel fiume di vicissitudini spesso sbagliate o colpevoli.

Dobbiamo rendere grazie a Dio e rallegrarci per i disegni della sua provvidenza. E questo bisogna farlo qualunque sia la nostra situazione e quella del mondo, qualunque sia il grado di comprensione di quanto accade. Ciò che è certo è che “Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli. Ma il piano del Signore sussiste per sempre, i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni” (Sal 32, 10-11). Pertanto, “Esultino le genti e si rallegrino, perché giudichi i popoli con giustizia, governi le nazioni sulla terra” (Sal 66,5).

Ciò che caratterizza il cuore dei cristiani è una serena fiducia. Succeda quel che succeda. L’uomo stolto e carnale vive nell’inquietudine, si altera per qualsiasi cosa, è “una canna agitata dal vento” (Mt 11, 7). Il cristiano saggio e spirituale mantiene sempre la sua anima nella fiducia, perché si fida dell’amorosa provvidenza del Signore. La nostra vita è nelle mani di un Dio che ci ama, e che tutto lo governa. Lui, che ha voluto essere nostro Padre, conosce le nostre necessità (6, 32), e perfino il numero dei nostri capelli (10, 30). Viviamo tranquilli e fiduciosi, anche se dobbiamo camminare attraverso una valle di tenebre, sicuri che lui viene con noi (Ps 22, 4).

La nostra volontà rimane nella pace quando non desidera altro che la Volontà di Dio, qualunque essa sia, quella che la sua provvidenza ci va manifestando in ogni momento. Non ci inquietiamo per il domani, giacché il domani avrà le sue proprie inquietudini. Mettiamo a tacere e “moderiamo i nostri desideri, come un bambino nelle braccia di sua madre”. “A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6, 34; Sal 130, 2-3). Rimane nell’inquietudine e l’ansia colui che non si appoggia in Dio, ma in sé stesso e nella creatura: “Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno e il cui cuore si allontana dal Signore” (Ger 17, 5).

Questo abbandono fiducioso nella Provvidenza Divina ha marcato tanto profondamente la spiritualità del popolo cristiano che ha numerose espressioni nel gergo comune: “Lascia che sia ciò che Dio vuole”, “Dio provvederà”, “Dio dirà”, “Voglia Dio”…., “se Dio vuole” (Gc 4, 15), “con l’aiuto di Dio”, “Grazie a Dio”, “ così ci converrà”, “non c’è male che venga per un bene”, “è tutto nelle mani di Dio”, “Dio scrive dritto su linee storte”, “Dio dà i vestiti secondo il freddo”, “Dio stringe ma non affoga”, “l’uomo propone ma Dio dispone”, ecc.

L’abbandono nella Provvidenza divina ci mantiene nella pace. Noi cristiani dobbiamo volere le cose che ci sembrano buone e opportune, e dobbiamo pretenderle con determinazione, senza però attaccamenti carnali, senza penurie, fretta, mantenendo sempre il cuore libero da ogni laccio, sempre disposto alla docilità incondizionata dell’impulso, tante volte imprevedibile, dello Spirito Santo, in una offerta di tutta la vita in modo incessante: “non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22, 42).    

Se confidiamo nella provvidenza, se riponiamo in Dio tutta la nostra speranza, avremmo una fortezza e pazienza assoluta nelle prove. Niente sarà in grado con noi: né la fame, l’angustia, la persecuzione, ne creatura di sopra o di sotto: niente “potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8, 35-39). Se contempliamo la provvidenza di dio nella croce di Cristo, sapremo contemplare l’amore divino nella croce che soffriamo, qualsiasi essa fosse.

I santi ci danno esempio di audacia evangelica perché confidavano nella provvidenza. Loro sono convinti che “Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio" (Lc 18, 27). Cercano di compiere fiduciosamente la loro propria santificazione e quella dei loro fratelli. Non si sconcertano davanti ai peggiori disastri e alle maggiori ingiustizie. Intraprendono imprese spirituali che alla prudenza carnale sembrano pazze. Portano la povertà fino ai limiti di spogliamento che la si potrebbe chiamare follia. La spiegazione di tutto questo è molto semplice: sono figli di Dio che confidano nella provvidenza del Padre celestiale. “Per te abbiamo respinto i nostri avversari nel tuo nome abbiamo annientato i nostri aggressori. Infatti nel mio arco non ho confidato e non la mia spada mi ha salvato, ma tu ci hai salvati dai nostri avversari, hai confuso i nostri nemici” (Sal 43, 6-9).

La via dell’abbandono.

L’abbandono fiducioso nella Provvidenza divina -così come lo abbiamo descritto fino adesso- arriva a costituire nella storia della spiritualità una delle sintesi pratiche più perfette, perché essendo tanto alta quanto semplice, è una spiritualità conveniente a ogni cristiano, qualsiasi sia la sua condizione o stato (+Catechismo 305).

Questa spiritualità, nettamente evangelica e fondata sulla teologia della Provvidenza stabilita soprattutto da S. Agostino e S. Tommaso, ha avuto molti alti esponenti, tra i quali S. Caterina da Siena nel Dialogo, a San Francesco di Sales nell L'Amour de Dieu, a Bossuet nel suo Discours sur l'acte d'abandon à Dieu, a Santa Teresina del Bambino Gesù nel suo cammino dell’ infanzia spirituale, a Dom Vital Lehodey nel Le saint Abandon, o al padre Garrigou-Lagrange nella Providence et la confiance en Dieu; fidélité et abandon.

Coscienti del fatto che “è necessario dire che tutte le cose, non solo considerate in generale, ma anche individualmente, sottostanno alla divina provvidenza” (S. Tommaso, S. Th. I, 22,2) conosciamo che “al di sopra della successione di fatti esterni della nostra vita, c’è una serie parallela di grazie attuali che ci sono offerte” ogni giorno da parte di Dio. E così, da una parte, vogliamo essere fedeli alla volontà divina, offerta come una grazia nelle “piccole cose” di ogni “momento presente”; e d’altra parte, vogliamo abbandonarci, facendolo come i bambini, senza nessuna inquietudine, a tutto ciò che la Provvidenza divina voglia disporre.

 

 

[1] Gaudium et spes, 7

[2] Ioseph Slipyj, Messa nella chiesa di sant’Atanasio del Pontificio Collegio Greco.

 

[3] C. Fabro, L’uomo e il rischio di Dio…, 34

[4] TVD 225.

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