8° CATECHESI
Meditazione delle due Bandiere
Meditazione per liberarsi dallo spirito del mondo
La dottrina di Cristo de la dottrina del diavolo
La dottrina del Vangelo non solo è diversa ma diametralmente opposta a quella del mondo (inteso come spiegato nella lezione). Gesù lo tratta in termini di “odio”: il mondo mi odia; sarete odiati anche voi; abbiate fiducia: io ho vinto il mondo (Cfr. Gv 15,18-19). Il contrasto tra cristiani e i mondani non ammette compromessi. Il messaggio che entrambi danno agli uomini è contrastante. Accettare l’uno significherà sempre disprezzo dell’altro perché nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza (Mt 6, 24);
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San Giovanni dice che tutto il mondo giace sotto il potere di Satana (1Gv 5,19). Allora il cristiano deve riconquistarlo per Cristo attraverso l’imitazione della sua vita, riassunta nelle beatitudini proclamate sul monte e anche, attraverso la consacrazione dell’ordine temporale come la famiglia, il lavoro, l’educazione, la politica. Rendere “sacro” ciò che oggi è “mondano”.
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Perciò, rappresentare queste due dottrine come due eserciti pronti per scontrarsi in guerra secondo fa Sant’Ignazio di Loyola, è teologicamente preciso riguardo le conseguenze di questo: se voglio aderire a Cristo e alla sua santa dottrina evangelica devo tener presente la strategia con cui Satana invierà i suoi attacchi di persecuzione e tentazioni per impedirlo.
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Per allontanare da noi lo spirito mondano, secondo esige San Luigi Maria, non ci è sembrata pratica migliore di questa “meditazione su due bandiere” offerta da Sant’Ignazio, che completiamo con alcuni passaggi di San Luigi Maria Grignon di Montfort tali come si trovano nella sua Lettera agli amici della croce scritta appunto durante gli esercizi spirituali da lui realizzati, probabilmente proprio quelli ignaziani, dove anche lui parlerà dei “due bandi” di quelli che seguono Cristo e quelli che seguono Satana.
Dopo questa presentazione, o appena troverai del tempo, puoi provare a meditare da solo le verità di cui parleremo. È molto utile prendere appunti di quelle espressioni che poi ti saranno utili per la meditazione.
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Consigli sulla preghiera mentale o meditazione
“Ogni male che ci affligge su questa terra
proviene precisamente dal fatto che non preghiamo
o che preghiamo male” (Santo Curato d’Ars)
“Chi prega bene, vive bene” (Sant’Agostino)
Una delle pratiche più perfette di preghiera è la cosiddetta “preghiera mentale”, in cui, supponendo in altri momenti l’uso della preghiera vocale (per esempio il Padrenostro, Ave Maria, ecc.) si prega senza l’uso di parole, ma attraverso l’intelligenza, la volontà, l’immaginazione, elevando l’effetto, ecc.
Sia vocale, sia mentale… Cos’è la preghiera?
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Avremo modo di dirlo in qualche lezione successiva ma intanto riportiamo due espressioni che saranno di aiuto.
“A mio parere, pregare altro non è che un rapporto di amicizia, intrattenendoci con Colui che sappiamo che ci ama” (Santa Teresa, Vida, 8, 2).
“La preghiera è elevazione dell’anima verso Dio e la richiesta di quello che da Lui abbiamo bisogno” (San Pier Damiani).
Quando preghiamo è fondamentale da una parte elevare l’anima, e che tale elevazione sia con l’atteggiamento di un amico che incontra il suo Amico.
Importanza dell’orazione mentale?
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Seguiamo, parafrasandolo, un testo di Sant’Alfonso (Cfr., Pratica di amare a Gesù Cristo):
Senza l’orazione mentale manca la luce e si cammina all'oscuro. Le verità della fede non si vedono cogli occhi del corpo, ma cogli occhi dell'anima, quando ella le medita; chi non le medita non le vede e perciò cammina all'oscuro L'orazione, dice san Bernardo, regola gli affetti dell'anima e dirige le nostre azioni a Dio; ma senza orazione gli affetti si attaccano alla terra, le azioni si conformano agli affetti, e così il tutto va in disordine.
È terribile il caso che si legge nella vita della Ven. Suor Maria Crocifissa di Sicilia (lib. 2. cap. 8). Mentre la serva di Dio stava orando, intese un demonio che si vantava di aver fatta lasciare l'orazione comune ad una religiosa; e vide in spirito che dopo questa mancanza il demonio la tentava a dare il consenso ad una colpa grave, e che quella era già vicina ad acconsentirvi. Ella subito accorse, ed ammonendola la liberò dalla caduta. Diceva S. Teresa che chi lascia l'orazione “tra breve diventa o bestia o demonio”.
Chi lascia dunque l'orazione lascerà di amare Gesù Cristo. L'orazione è la beata fornace ove si accende e si conserva il fuoco del santo amore. Diceva S. Teresa: “A chi persevera nell'orazione, per quanti peccati opponga il demonio, tengo per certo che finalmente il Signore lo conduca a porto di salvazione.” In tutto persevera, chi persevera nell’orazione. In altro luogo dice la stessa santa: “Chi nel cammino dell'orazione non si ferma, benché tardi pure arriva”. Ed in altro luogo scrive che il demonio perciò si affatica tanto a distogliere le anime dall'orazione, perché “sa il demonio che l'anima la quale con perseveranza attende all'orazione egli l'ha perduta.”
- Oh quanti beni si raccolgono dall'orazione! Nell'orazione si concepiscono i santi pensieri, si esercitano gli affetti devoti, si eccitano i desideri grandi e si fanno le risoluzioni ferme di darsi interamente a Dio; e così l'anima poi gli sacrifica i piaceri terreni e tutti gli appetiti disordinati. Diceva S. Luigi Gonzaga: “Non vi sarà molta perfezione senza molta orazione”. Avverta chi ama la perfezione questo gran detto del santo.
L'orazione senza consolazioni sensibili riesce la più fruttuosa per l'anima. Ma povera quell'anima che la lascia per non sentirvi gusto! Diceva S. Teresa: “L'anima che lascia l'orazione è come se da se stessa si ponesse all'inferno, senza bisogno di demoni”.
Dall'orazione ancora nasce quel desiderio di ritirarsi ne' luoghi solitari per trattare da solo a solo con Dio, e di conservare il raccoglimento interno nel trattare gli affari esterni necessari. Dico necessari, o per ragion del governo della famiglia o degli offici imposti dall'ubbidienza; poiché la persona di orazione dee amar la solitudine e non dissiparsi in faccende ultronee ed inutili; altrimenti perderà lo spirito di raccoglimento ch'è un gran mezzo per mantenere l'unione con Dio.
Cuori aperti non si fanno santi. I santi che sono operari, in acquistare anime a Dio, anche in mezzo alle loro fatiche di predicare, prender le confessioni, trattar paci, assistere agl'infermi, non perdono il loro raccoglimento. Lo stesso corre per coloro che stanno applicati allo studio. Quanti Il Ven. Giovanni Berchmans aveva un affetto straordinario per lo studio, ma egli, colla sua virtù, non permise mai che lo studio gl'impedisse il profitto spirituale. Scrisse l'Apostolo: Non plus sapere, quam oportet sapere, sed sapere ad sobrietatem (Rom. XII, 3). Bisogna sapere, specialmente a chi è sacerdote; bisogna che sappia, perché il sacerdote deve istruire gli altri nella divina legge: Labia enim sacerdotis custodient scientiam et legem requirent ex ore eius (Malac. II, 7); bisogna che sappia, ma usque ad sobrietatem.
Chi per lo studio lascia l'orazione dà segno che nello studio non cerca Dio, ma se stesso. Chi cerca Dio lascia lo studio, quando non è attualmente necessario, per non lasciar l'orazione.
Inoltre il maggior male si è che senza l'orazione mentale non si prega. - In più luoghi delle mie opere spirituali ho parlato della necessità della preghiera, e specialmente in un libretto a parte intitolato: Del gran mezzo della preghiera, ed in questo capo brevemente anche ne dirò più cose. Basti solamente qui avvertire quel che scrisse il Ven. vescovo di Osma Monsig. Palafox: “Come può durar la carità, se Dio non ci dà la perseveranza? Come ci darà la perseveranza il Signore, se non glie la chiediamo? E come gliela chiederemo senza l'orazione? Senza l'orazione non vi è comunicazione con Dio per conservar le virtù”.
E così è, poiché chi non fa orazione mentale poco vede i bisogni dell'anima sua, poco conosce i pericoli della sua salute, poco i mezzi che dee usare per vincere le tentazioni, e così, poco conoscendo la necessità che ha di pregare, lascerà di pregare e certamente si perderà.
In quanto poi alla materia della meditazione, non vi è cosa più utile che meditare i novissimi, la morte, il giudizio, l'inferno e 'l paradiso; ma specialmente giova il meditar la morte, figurandoci di star moribondi sul letto, abbracciati col Crocifisso e vicini ad entrare nell'eternità. Ma sovra tutto, a chi ama Gesù Cristo e desidera di sempre più crescere nel santo amore, non vi è pensiero più efficace che quello della Passione del Redentore. Dicea S. Francesco di Sales che “il monte Calvario è il monte degli amanti.”57 Tutti gli amanti di
Gesù Cristo se la fanno sempre su questo monte, ove non si respira altra aria che del divino amore. A vista d'un Dio che muore per nostro amore, e muore perché ci ama - dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis (Ephes. V, 2) - non è possibile il non ardentemente amarlo. Dalle piaghe del Crocifisso escono sempre tali saette d'amore che feriscono i cuori anche di pietra. Oh felice chi se la fa continuamente sul monte Calvario in questa vita! O monte beato, monte amabile! O monte caro, e chi più ti lascerà? Monte che mandi fuoco ed infiammi l'anime che in te perseverantemente dimorano!
Fin qui l’esortazione di Sant’Alfonso per l’orazione, ovvero, la preghiera mentale.
Come fare l’orazione mentale?
Alcuni passi che possono esserti utili per la pratica di essa:
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1) Il primo passo è l’impegno nel metterti nella presenza di Dio:
Da questo deriva chiaramente che non c’è frutto nella preghiera se non si cerca di allontanare ogni distrazione e mettere tutte le nostre facoltà nella presenza di Dio che realmente mi ascolta e mi vede. Sant’Ignazio consigliava che prima di arrivare al posto dove devo fare orazione starò per un breve spazio e, in piedi “volgendo in alto la mente e pensando che Dio nostro Signore mi guarda e farò un atto di riverenza o di umiltà”.
Nello sforzo di allontanare ogni pensiero distrattivo per poter rivolgerlo soltanto al Signore la preghiera acquisterà l’efficacia necessaria. Diceva S. Francesco di Sales: “Inizia ogni orazione, sia mentale che vocale, mettendoti alla presenza di Dio; mantieniti fedele a questo principio senza eccezioni, e, in breve, ti accorgerai del profitto che te ne viene”. E per cominciare la meditazione P. La Palma consigliava: “stia con riverenza davanti a Nostro Signore, immaginando – perché infatti è vero – che Egli è lì presente, ed inizi la sua preghiera offrendosi con intera rassegnazione alla sua Divina Volontà” e inoltre “sia ben persuaso che tutto il suo impegno per poter pregare bene è conservare la pace e quiete del suo spirito, senza dare posto a pensieri o passioni che la turbino”.
Diceva San Cipriano: “Come mai desideri essere ascoltato quando nemmeno ascolti te stesso?”
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2) Secondo passo: Come si fa la “orazione mentale”?
Ci sono diversi modi di orazione mentale. Qui ti proponiamo quello che seguiremo in questa meditazione delle due bandiere.
Come si realizza la meditazione
Ti offriremo alcuni testi, presi da due grandi Maestri spirituali quali sant’Ignazio e San Luigi Maria. Dopo aver pensato a quello che ascolterai, cerca di riflettere da solo per “gustare le verità internamente” (Sant’Ignazio). Spesso si dice che la preghiera sia “l’alimento dell’anima” e infatti P. La Palma fa una analogia secondo questa immagine del mangiare… Lo spieghiamo con le nostre parole dividendolo in questa maniera:
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La mano porta il cibo in bocca,
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Così la memoria riporta all’uomo la verità che ha letto o sentito. La “lettura” spirituale è dunque il cibo da cui nutrirsi.
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La bocca gusta il cibo. Conosce il suo sapore degustandolo, tenendolo ancora in sé.
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Anche tu, dopo aver letto qualche riflessione o qualche brano del Vangelo, devi pensarci internamente, riflettendo in silenzio su queste cose.
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Quello che è stato così gustato dopo viene distribuito in tutto il corpo e conferisce la vitalità ai diversi organi.
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Dallo stresso modo le verità di Fede vengono assimilate dalla nostra volontà e tutto l’uomo riceve forza e vigore da questi “affetti” o “elevazioni di amore verso il Signore” che ci rendono robusti spiritualmente per portare frutti in abbondanza.
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((Un esempio: Leggo il brano del Vangelo di Gesù all’orto di Getsemani. Ricordarlo è compito della memoria (equivale al punto 1). Posso però approfondire ancora senza cercare altro brano riflettendo internamente… (Punto 2) Così, posso ad esempio, pensare che se Cristo a Getsemani carica su di sé le nostre colpe, in quel momento carica anche la vergogna che i miei peccati comportano. Concludo: “Quanta vergogna ha sentito Gesù vedendosi colpevole dei nostri peccati!”. Sulla vergogna di Gesù non si scrive nei Vangeli ma io l’ho percepito nella meditazione, “degustando” il Vangelo. E da qui passo agli affetti (Punto 3): “Non voglio più peccare! non voglio caricare Gesù con più sofferenze! Gesù, grazie della tua amicizia”. Questo ultimo passo è quello degli affetti o del colloqui, nei quali risiede il vero e proprio frutto della preghiera)).
3) passo. Il momento più importante. Come fare il “colloquio”
Nei momenti di silenzio ognuno può pregare internamente, elevando l’anima verso il Signore, facendo quello che Sant’Ignazio chiama “il colloquio”. Dice il santo “Il colloquio deve essere spontaneo, come quando un amico parla all'amico, o un servitore parla al suo padrone, ora chiedendo un favore, ora accusandosi di una colpa, ora manifestando un suo problema e chiedendo consiglio” (Sant’Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n 54).
Il colloqui è il momento più importante della meditazione. Mentre più dura, meglio è. Lo scopo della meditazione è suscitare questo realissimo e proprio incontro con Dio, Gesù, la Madonna… “A mio parere, pregare altro non è che un rapporto di amicizia, intrattenendoci con Colui che sappiamo che ci ama” (Santa Teresa, Vida, 8, 2).
((Esempio: in una predica il santo Curato d’Ars raccontò su un fatto accaduto nella sua parrocchia che è modello di colloquio: “In parrocchia viveva allora un uomo devoto. Entrato un mattino in chiesa per recitare le sue orazioni, prima di andare nei campi a lavorare, lasciò la zappa fuori della porta e, davanti a Dio, si dimenticò del passar del tempo. Un vicino, che lavorava presso il suo campo, e che era solito vederlo al lavoro, fu meravigliato della sua assenza, ed al ritorno volle entrare in chiesa, sospettando che fosse là. Difatti lo vide subito, gli si avvicinò e gli chiese: “Che fai qui tanto tempo?”. E l’altro rispose: “Io guardo il buon Dio ed il buon Dio guarda me…”. Il Santo Curato d’Ars aggiungeva: “Egli guardava il buon Dio e il buon Dio guardava lui: sta tutto qui, miei cari…”)).
Concludiamo dicendo che “non c’è nulla di meglio che la preghiera e colloqui con Dio… mi riferisco evidentemente a quella preghiera che non si fa meccanicamente ma col cuore, che non rimane circoscritta ad alcuni determinati momenti, ma giorno e notte si prolunga senza cessare mai” (San Giovanni Crisostomo).
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Possiamo dunque iniziare la meditazione che vogliamo proporre sulla scia di Sant’Ignazio di Loyola alla quale probabilmente fa riferimento San Luigi Maria quando parla “dei due bandi” nella lettera agli amici della croce. Seguendo lo schema di Sant’Ignazio aggiungeremo alcune espressioni di San Luigi Maria. Entrambi i santi vogliono metterci davanti le due dottrine, orbene due eserciti rappresentati sotto le due “bandiere” o i due “vessilli”. Abbiamo davanti il vangelo e il mondo: Cristo e Satana. A noi la scelta.
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Testo di S. Ignazio:
MEDITAZIONE SU DUE BANDIERE,
L'UNA DI CRISTO, NOSTRO SOMMO CAPITANO E SIGNORE,
L'ALTRA DI LUCIFERO, NEMICO MORTALE DELLA NOSTRA NATURA UMANA
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Anzitutto ci sono i “preludi”, quei punti che dobbiamo considerare prima per introdurci nello spirito di questa meditazione:
[137] Il primo preludio è il soggetto della meditazione: Cristo chiama tutti gli uomini e li vuole sotto la sua bandiera, mentre Lucifero li vuole sotto la sua.
[138] Il secondo preludio è la composizione vedendo il luogo: qui sarà vedere un grande campo nella regione di Gerusalemme, dove Cristo nostro Signore è il capo supremo dei buoni, e un altro campo nella regione di Babilonia, dove Lucifero è il capo degli avversari.
[139] Il terzo preludio consiste nel domandare quello che voglio: qui chiederò di conoscere gli inganni del malvagio capo, e l'aiuto per difendermi da essi; e di conoscere la vera vita che il supremo e vero capitano insegna, e la grazia di imitarlo.
San Luigi Maria ne parla al riguardo con queste espressioni:
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I DUE PARTITI [7] Ecco, miei cari confratelli, ecco i due partiti che ci si presentano tutti i giorni: quello di Gesù Cristo e quello del mondo.
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A destra vi è il partito del nostro amabile Salvatore. Procede in salita, per un sentiero più che mai stretto e angusto a causa della corruzione del mondo. Gli va innanzi il buon Maestro, a piedi nodi, con il capo coronato di spine, il corpo intriso di sangue e carico d'una pesante Croce. Lo segue soltanto un pugno di persone, ma tra le più valorose. Infatti non si percepisce la sua voce così tenne fra il tumulto del mondo, o non si ha il coraggio di seguirlo nella povertà, nei dolori, nelle umiliazioni e nelle altre croci che bisogna necessariamente portare tutti i giorni della vita al suo servizio.
[8] A sinistra c'è il partito del mondo o del demonio. Almeno a prima vista esso è molto più numeroso, splendido e brillante dell'altro. Tutto il bel mondo vi accorre e vi si accalca, essendo, la sua, una strada larga e spaziosa più che mai a motivo della moltitudine che vi passa a torrenti. E una strada cosparsa di fiori, fiancheggiata da piaceri e divertimenti, lastricata d'oro e d'argento.
[9] A destra, il «piccolo gregge» che segue Gesù Cristo, parla solo di lacrime, di penitenza, di preghiera e di disprezzo del mondo. Si odono continuamente tra loro, parole rotte dai singhiozzi: «Soffriamo, piangiamo, digiuniamo, preghiamo, nascondiamoci, umiliamoci, facciamoci poveri, mortifichiamoci, perché chi non ha lo spirito di Gesù Cristo -e cioè lo spirito della Croce-non gli appartiene… «Coraggio -vanno ancora esclamando- Coraggio! Se Dio è per noi, in noi e davanti a noi, chi sarà contro di noi?». Colui che sta in noi è più forte di chi sta nel mondo. «Un servo non è più grande del suo padrone». «Il momentaneo, leggero peso della tribolazione procura una quantità smisurata ed eterna di gloria». Vi sono meno eletti di quanto non si pensi. Solo i coraggiosi e i violenti conquistano il cielo a viva forza. «Non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole» del Vangelo e non secondo quelle del mondo. Combattiamo dunque da forti, corriamo velocemente per raggiungere il traguardo e conquistare il premio». Con queste e simili espressioni divine gli Amici della Croce si sostengono a vicenda..
Una volta considerati i preamboli, prosegue Sant’Ignazio dando i punti per la meditazione. Per primo vuole considerare il campo dei malvagi:
[140] Primo punto. Immagino nel vasto campo di Babilonia il capo degli avversari, che siede su un grande seggio di fuoco e di fumo, orribile e spaventoso nell'aspetto.
[141] Secondo punto. Considero che egli chiama a raccolta innumerevoli demoni e poi li sparge, chi in una città chi in un'altra, per tutto il mondo, senza tralasciare alcuna regione o luogo o stato di vita, né alcuna persona in particolare.
Dire che il campo nemico si trova a “Babilonia” è per indicare la confusione che regna nel campo del male. Sempre dove ci sia confusione, divisione, gelosie, malintesi, litigi… ecco che vediamo la coda del diavolo.
San Luigi Maria fa notare agli Amici della croce:
[10] ogni giorno i mondani, per incoraggiarsi a perseverare nella loro malizia senza scrupoli, scandiscono a gran voce: «Vita, vita! Pace, pace! (Ger 6,14; 8,11) Allegria, allegria! (Is 22,12; Mt 24,27-39). Mangiamo, beviamo, cantiamo, balliamo, giochiamo! Dio è buono e non ci ha creati per dannarci: Dio non proibisce il divertimento: non andremo perduti per questo: Via gli scrupoli! Non morirete affatto! (Gen 3,4)».
Gli eccessi a cui sono soggetti, l’indifferenza per il destino eterno, il dare via libera alle passioni più basse della persona, necessariamente comporterà anche il via libera alla vendetta, all’odio, al risentimento. Ecco perché “Babilonia” accoglie le opere di Satana. Ecco perché “siede su un grande seggio di fuoco e di fumo”, simbolo di quanto è disordinato, imbruttito, caotico.
E notiamo subito che Satana invia i suoi demoni ad ogni persona. Questo è teologicamente assai preciso. Non vi è persona che non sarà tentata. Satana ci vuole con sé, e di questo dobbiamo essere consapevoli.
[142] Terzo punto. Considero il discorso che egli rivolge loro, incitandoli a gettare agli uomini reti e catene; come di solito avviene, cominceranno ad attirarli con l'avidità delle ricchezze; così essi giungeranno più facilmente alla ricerca del vano onore del mondo, e infine a un'immensa superbia. Vi sono perciò tre scalini: il primo è la ricchezza, il secondo il vano onore, il terzo la superbia; da questi tre scalini egli spinge gli uomini a tutti gli altri vizi.
Il buon Capitano: Gesù
Passiamo, guidati da Sant’Ignazio, a considerare l’esercito del “buon Capitano”, il Nostro Signore Gesù Cristo:
[143] Tutto al contrario si deve immaginare il sommo e vero capitano che è Cristo nostro Signore.
[144] Primo punto. Considero Cristo nostro Signore, in un vasto campo nella regione di Gerusalemme, in luogo umile, bello e gradevole.
[145] Secondo punto. Considero il Signore di tutto il mondo, che sceglie tante persone apostoli, discepoli ed altri e le invia in tutto il mondo per diffondere la sua santa dottrina tra gli uomini di ogni stato e condizione.
Gerusalemme è luogo di pace, umiltà, carità. Dove ci sono questi effetti è lì che Cristo regna. Per esempio nel tabernacolo. Nel silenzio. Nella serenità e pace che ci infonde avere fiducia in Lui.
Il diavolo invia altri diavoli. Gesù non invia degli angeli, ma invia degli “amici” tra gli uomini. Invia uomini di carne e ossa come noi. Vuole inserirci nel suo scopo di conquistare le anime per il suo Regno.
Così esorta il santo di Monfort ad appartenere a questo bando:
[2] Amici della Croce! Vi siete uniti come soldati crocifissi per combattere il mondo, non con la fuga -come i religiosi e le religiose- per timore d'essere vinti, ma come valorosi e bravi lottatori che scendono sul campo di battaglia, senza cedere terreno e senza volgere le spalle al nemico. Coraggio! Combattete da prodi! Siate fortemente uniti nello spirito e nel cuore. Tale vostra unione è di molto più salda e più temibile contro il mondo e l'inferno, di quanto non lo siano, per i nemici di uno Stato, le forze esterne di una nazione compatta. I demoni si uniscono per perdervi; voi unitevi per abbatterli. Gli avari si associano e trafficano per arricchirsi d'oro e d'argento; voi lavorate insieme per conquistare i tesori dell'eternità racchiusi nella Croce. I libertini si uniscono per divertirsi; voi unitevi per soffrire!
[3] Vi chiamate Amici della Croce. È un nome grande che mi riempie di stupore e ammirazione. È un nome più splendente del sole, più elevato del cielo, glorioso e magnifico più dei titoli grandiosi di cui si fregiano re e imperatori. E il nome sublime di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. È il nome inconfondibile del cristiano.
[4] Se lo splendore di un tale nome mi rapisce, rimango sbigottito di fronte al suo peso. Quanti obblighi necessari e difficili racchiude infatti! Lo stesso Spirito Santo li esprime. «Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato». Amico della Croce è colui che Dio sceglie tra diecimila persone che vivono secondo i sensi e la semplice ragione, perché sia un uomo tutto di Dio, elevato al di sopra della ragione e in contrapposizione totale ai sensi, con una vita e una luce di fede pura e un amore ardente per la Croce. Amico della Croce è un re onnipotente e un forte eroe che vince il demonio, il mondo e la carne nelle loro tre concupiscenze. Con l'amore alla umiliazione egli abbatte l'orgoglio di Satana; con l'amore alla povertà debella l'avarizia del mondo; con l'amore alla sofferenza smorza la sensualità del corpo. Amico della Croce è l'uomo santo e distaccato da ogni cosa terrena. Il suo cuore s'innalza al di sopra di quanto è caduco e destinato a perire. La sua patria è nei cieli. Vive quaggiù come straniero e pellegrino, senza lasciarsi affascinare dalle cose del mondo, che osserva dall'alto con sguardo di indifferenza e calpesta con disdegno. Amico della Croce è la nobile conquista di Gesù Cristo crocifisso sul Calvario, in unione con la sua santa Madre. È un Ben-Oni o Beniamino figlio del dolore e della destra, generato dal suo cuore dolorante, nato dal suo fianco trafitto e tutto imporporato del suo sangue. Per questa sua nascita cruenta, egli non respira che Croce, sangue e morte al mondo, alla carne e al peccato, al fine di condurre sulla terra una vita nascosta con Cristo in Dio. Infine, Amico della Croce è colui che porta veramente il Cristo. O meglio, è un altro Gesù Cristo e quindi può ripetere in verità: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».
[5] Cari Amici della Croce, il vostro modo di agire corrisponde realmente al grande nome che portate? o almeno avete il desiderio sincero e la volontà decisa che sia così, con la grazia di Dio all'ombra della Croce del Calva rio e dell'Addolorata? Prendete davvero i mezzi necessari per raggiungere questo fine? Vi siete incamminati per la vera via della vita, che è la via stretta e spinosa del Calvario? O non vi trovate forse, senza pensarci, sulla via spaziosa del mondo, che è la via della perdizione? Siete proprio convinti che «c'è una via che sembra diritta (e sicura) a qualcuno, ma sbocca in sentieri di morte»?. [6] Sapete distinguere chiaramente la voce di Dio e della grazia da quella del mondo e della natura? Ascoltate attentamente la voce di Dio nostro buon Padre! Egli per tre volte maledice tutti coloro che seguono le concupiscenze del mondo: «Guai, guai, guai agli abitanti della terra». Ma a voi tende le braccia e grida con amore: «Uscite, popolo mio...». Mio popolo eletto, cari Amici della Croce di mio Figlio, separatevi dai mondani che sono maledetti dalla mia Maestà, scomunicati da mio Figlio e condannati dal mio Santo Spirito! Attenti a non sedervi in mezzo alla compagnia pestifera dei mondani; non seguite i loro consigli e non indugiate nemmeno nella loro via. Fuggite dalla grande e infame Babilonia. Ascoltate la voce e seguite soltanto gli esempi del mio Figlio prediletto, che vi ho dato come via, verità e vita e modello. Ascoltatelo». Ascoltate l'amabile Salvatore che porta la Croce? Egli grida a voi: «Seguitemi. Chi segue me, non camminerà nelle tenebre. Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo».
Il discorso di Gesù ai suoi:
[146] Terzo punto. Considero il discorso che Cristo nostro Signore rivolge a tutti i suoi servi e amici, che invia a questa missione, raccomandando loro che cerchino di aiutare tutti gli uomini: li condurranno anzitutto a una somma povertà spirituale e, se la divina Maestà così vorrà e intenderà sceglierli, anche alla povertà materiale; poi al desiderio di ricevere umiliazioni e disprezzi, perché da questi nasce l'umiltà. Vi sono perciò tre scalini: il primo è la povertà opposta alla ricchezza, il secondo l'umiliazione e il disprezzo opposti al vano onore del mondo, il terzo l'umiltà opposta alla superbia; da questi tre scalini li guideranno a tutte le altre virtù.
La stessa dottrina insegnata da San Luigi Maria:
[11] Cari confratelli, ricordate che il nostro buon Gesù rivolge ora il suo sguardo e la sua parola a ciascuno di voi singolarmente. Vi dice: «Ecco. Quasi tutti mi lasciano solo sulla via regale della Croce. Nella loro cecità gli idolatri si beffano della mia Croce come d'una pazzia. Gli ebrei ostinati ne fanno un motivo di scandalo, come si trattasse di una cosa orrenda. Gli eretici la spezzano e l'abbattono come cosa spregevole. Ma -lo dico con le lacrime agli occhi e il cuore affranto dal dolore- i miei stessi figli che ho allevato in seno e formato alla mia scuola, le stesse membra che ho animato con il mio spirito mi hanno abbandonato e disprezzato. Sono diventati nemici della mia Croce! «Forse anche voi volete andarvene». Volete anche voi abbandonarmi fuggendo la mia Croce come fanno i mondani che agiscono così da anticristi? Volete anche voi adattarvi alla mentalità di questo mondo, e quindi disprezzare la povertà della mia Croce per rincorrere la ricchezza? Volete evitare il dolore della mia Croce, per cercare i piaceri; odiare l'umiliazione della mia Croce, per ambire gli onori? Io ho molti falsi amici. Proclamano di volermi bene, ma in realtà mi hanno in odio, perché non amano la mia Croce. Tanti sono amici della mia tavola, pochissimi lo sono della mia Croce». In risposta a questo amoroso richiamo di Gesù, guardiamo più in alto, non lasciamoci sedurre dai nostri sensi, alla maniera di Eva. Teniamo fisso lo sguardo soltanto su Gesù crocifisso, autore e perfezionatore della nostra fede; fuggiamo la concupiscenza che è del mondo corrotto, amiamo Gesù Cristo nel modo migliore, cioè attraverso ogni sorta di croci. Meditiamo attentamente queste meravigliose parole del nostro caro Maestro che racchiudono tutta la perfezione della vita cristiana: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».
[147] Primo colloquio. Farò un colloquio con nostra Signora, perché mi ottenga dal suo Figlio e Signore la grazia di essere accolto sotto la sua bandiera, anzitutto in somma povertà spirituale e, se la divina Maestà così vorrà e intenderà scegliermi e accogliermi, anche nella povertà materiale; poi sopportando umiliazioni e insulti, per meglio imitarlo in questi, purché possa sopportarli senza peccato di alcuna persona e senza offesa alla divina Maestà. Qui dirò un'Ave Maria.
Secondo colloquio. Chiederò lo stesso al Figlio, perché me l'ottenga dal Padre. Qui dirò la preghiera "Anima di Cristo".
Terzo colloquio. Chiederò lo stesso al Padre, perché me lo conceda. Qui dirò un Padre nostro.